di Valentina Bertuccio D’Angelo

Cinisello Balsamo, 4 giugno 2013 - Se la viabilità di un luogo ne raccontasse anche lo stato d’animo, Cinisello Balsamo avrebbe di che preoccuparsi. Percorrerla in auto, nella schizofrenia dei sensi unici, o fare due chiacchiere al bar, producono la stessa impressione: una città paralizzata. A sei giorni dal ballottaggio che darà un nome all’erede di Daniela Gasparini (a sfidarsi Siria Trezzi per il centrosinistra, Enrico Zonca per il centrodestra), nella roccaforte rossa alle porte di Milano si respira rassegnazione. Nessuna sorpresa: quel 49 per cento di astenuti al primo turno non ha disertato le urne per andarsene al mare.

Il segnale è forte. I problemi sono tanti, in una città che perde pezzi alla velocità della luce: perde abitanti (l’ultimo censimento dice 70mila invece di 73), aziende, negozi. «Avete presente un dormitorio? — provoca il dottor Giorgio Calò, storico farmacista di via Libertà —. Tutta colpa di una pianificazione sbagliata del territorio. La viabilità è devastante, la tranvia ha rovinato tanti commercianti, prima con i cantieri ora con i sensi unici. E poi la beffa: hanno ridotto le corse, a breve mi aspetto che la chiudano. E i nostri sacrifici a cosa sono serviti?». Il percorso della crescita economica si è interrotto insieme alle strade del centro. Nokia Siemens, Paganelli, Scolari: tutte hanno alzato le mani, abbassato le serrande. La città della produzione non produce più nulla.

«Si salva la Malvestiti — racconta Roberto Zanotto, Fiom Cgil per la zona di Sesto e Cinisello —, ma rischia di rimanere sola. I Comuni non possono molto, ma sarebbe un bel segnale mantenere la destinazione d’uso industriale per tutte le aree dismesse». Vallo a dire a un’amministrazione che si ritrova sul territorio un colosso come la cooperativa di costruzioni UniAbita. «Eppure avevamo la possibilità di cambiare»: dalla fine degli anni Ottanta Giuseppe Arcara dal suo bar in centro ha visto la ricchezza e il declino. «Sa quanti vengono da me e si lamentano? Poi però alle urne non ci vanno. Io un paio di vecchiette le ho convinte». Chiunque raccoglierà il testimone non avrà vita facile. C’è da ripensare l’identità della città.

Avrebbe potuto essere culturale, «ma sono state realizzate belle cattedrali in un deserto con cui non si è voluto comunicare». Giovanna Granito ha diretto l’istituto scolastico Paganelli per 20 anni. Promuove le politiche educative delle giunte passate, non quelle culturali. Difficile farlo con un centro culturale Pertini e un Museo della fotografia talmente avanti che, guardando indietro, non si vede nessuno. «Il museo è unico in Italia eppure è in perdita e rischia di chiudere. Sa perché? Non si è riusciti a preparare culturalmente la città. Pochi lo conoscono, meno lo frequentano».

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