Cologno Monzese, 28 maggio 2013 - Tre anni, due mesi e venti giorni. Tanto è durata la detenzione di Giovanni Meo, dipendente del Comune di Cologno arrestato nel 2010 nell’ambito di un’ampia inchiesta sulla criminalità organizzata partita dalla provincia di Enna e arrivata fino al Nord Italia. Ma per lui, oggi finalmente libero, è stato un calvario durato un’eternità.
«Assolto per non aver commesso il fatto», questa la sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta nel processo Triskelion, che vedeva alla sbarra otto imputati condannati in primo grado per associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia di beni. Una sentenza davanti alla quale Meo non è riuscito a trattenere lacrime di gioia che hanno sancito la fine di un incubo. L’inizio era stato segnato nel febbraio 2010 dall’arresto eseguito dal Gico, la squadra speciale della Guardia di finanza di Caltanissetta su ordine dalla Dda di Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta Triskelion aperta nel 2006, insieme ad altre 23 persone in tutta Italia. Tra le accuse: associazione mafiosa, estorsione, truffa, usura, corruzione e rivelazione ed utilizzo di segreti d’ufficio.
Giovanni Meo, oggi 59enne, era finito nell’inchiesta per le conoscenze legate alle sue radici: residente a Cologno, dove lavorava all’ufficio Commercio del Comune, è originario di Pietraperzia in provincia di Enna. Quella stessa città da dove erano partite le indagini legate a una famiglia mafiosa. Secondo l’accusa iniziale, era lui insieme a un altro cittadino residente a Pioltello, il collaboratore dei boss del «sud» che in Lombardia, tra i tanti affari, imponevano la cessione delle attività economiche alle vittime che non erano più in grado di pagare i debiti a strozzo. Un castello accusatorio completamente smontato dalla Corte d’Appello, dopo tre anni e oltre di calvario imposto a Meo, unico assolto.
«Siamo molto soddisfatti della sentenza — ha commentato l’avvocato Antonio Impellizzeri, difensore di Giovanni Meo —. Il mio assistito è stanco ma contento, anche se nessuno può risarcirlo delle umiliazioni e delle sofferenze patite». Lasciato il carcere Malaspina di Caltanissetta, dove ha passato l’ultima detenzione dopo Monza, ora Meo si prepara a tornare alla sua vita, pur segnata dall’incredibile vicenda di cui è stato protagonista. E a riavere il suo posto di lavoro nel Comune di Cologno con il quale «ha già preso contatti per tornare in servizio» come ha fatto sapere il suo legale. Un nuovo inizio in un luogo, il suo vecchio ufficio, dove tutti erano sempre stati convinti della sua estraneità ai fatti e dove la notizia dell’assoluzione è stata accolta con un sospiro di sollievo.
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