Monza, 12 maggio 2013 - A poco meno di ventiquattro ore dall'apertura a Monza del processo con rito immediato, {{WIKILINK}}Filippo Penati{{/WIKILINK}}, l'ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex presidente della Provincia di Milano, imputato per il caso del cosiddetto '{{WIKILINK}}sistema Sesto{{/WIKILINK}}', non ha ancora sciolto la riserva sulla rinuncia o meno della prescrizione che ha già cancellato il reato di concussione contestato per un presunto giro di tangenti incassate in cambio di concessioni edilizie sulle aree ex Falck e Marelli.

L'ex numero uno di Palazzo Isimbardi, alla sbarra assieme all'ex segretario generale Antonino Princiotta, per ora non ha fatto nemmeno sapere se domani, quando prenderà il via il dibattimento, si presenterà in aula. Si sa solo che in queste ore ha incontrato i suoi difensori per valutare la strategia da adottare e decidere le prossime mosse.

Da quanto si è appreso, invece, all'udienza davanti ai giudici monzesi (presidente Letizia Brambilla) i pm Walter Mapelli e Franca Macchia dovrebbero chiedere la riunificazione del procedimento con quello che verra' celebrato da un altro collegio a partire dal prossimo 26 giugno per altre otto persone - tra cui Giordano Vimercati, l'architetto Renato Sarno, l'imprenditore {{WIKILINK}}Piero Di Caterina{{/WIKILINK}}  Bruno Binasco ai vertici del gruppo Gavio e la società Codelfa - accusate per le stesse vicende di Penati e Princiotta, ma rinviate a giudizio con rito ordinario.

La Procura poi, come aveva già fatto con il gup Giovanni Gerosa, dovrebbe chiedere di dichiarare la prescrizione, scattata a metà dello scorso febbraio a causa del nuovo decreto anticorruzione, del reato di concussione che riguarda una delle vicende principali dell'inchiesta. Prescrizione per la quale sono già usciti dal processo il vicepresidente del Consorzio Cooperative Costruttori Omer Degli Esposti, Gian Paolo salami e Francesco Aniello, altri due rappresentanti delle Coop, e si è alleggerita la posizione di Vimercati, e alla quale Penati ha sempre dichiarato pubblicamente di voler rinunciare.

E se così non fosse, parte delle delle vicende per cui è finito sotto inchiesta e poi mandato a giudizio verrebbero automaticamente 'cancellate' : rimarrebbero invece gli episodi di corruzione legati alla gestione della Milano Serravalle - compresa la sospetta mazzetta da due milioni mascherata da finta caparra per la compravendita di un immobile e versata da Di Caterina - il capitolo che riguarda il Sitam, il sistema integrato tariffario dell'area milanese e il finanziamento illecito versato a Fare Metropoli, l'associazione da lui fondata.