Sesto San Giovanni, 14 agosto 2012 - Infuriava, proprio un’estate fa. Era la scoperta da “par condicio” che anche nella roccaforte del centro sinistra più ortodosso si praticava da quindici anni circa - sotto e per nome di Filippo Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex presidente della Provincia di Milano - l’olimpiade consociativa della tangente.

«Chi non pagava non lavorava» è la sintesi - da intercettazioni depositate nelle carte dell’inchiesta chiusa appena il 10 giugno scorso - e di cui un imprenditore (Giuseppe Pasini) rende tutto il senso. «Quando loro hanno deciso di non farti lavorare, non ti fanno lavorare. Ti fanno perdere anche l’anima, pretendono tutto e in cambio non hai mai niente... per darti quello che è il diritto vogliono i soldi, ma tu gli dai i soldi e non ti danno niente».

Un anno dopo: in realtà la storia, appena a un passo dalla richiesta di rinvio a giudizio dopo la pausa feriale, a carico di Filippo Penati più altri 21, a vario titolo accusati di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti, comincia a fine 2009. E comincia a Milano: i pubblici ministeri indagano sulla rete di società che emette fatture false nell’ambito della bonifica, mancata bonifica in verità, dell’area Santa Giulia, allora di Luigi Zunino, e s’imbattono anello dopo anello nell’imprenditore della società di tarsporti Caronte, Piero Di Caterina. E’ lui l’accusatore numero uno, almeno in ordine di tempo, di Penati.

«Nel corso degli anni, a partire dal 1999 ho versato a vario titolo, attraverso dazioni di denaro a Penati, notevoli somme», quelle che sarebbero state definite le «tangenti con l’elastico», perché in parte restituite sotto forma di «varie opzioni, spesso incolcudenti». Si svela così il cosiddetto “Sistema Sesto (San Giovanni)”: affari e tangenti per la riqualificazione dell’area ex Falck. Dietro Di Caterina, a ruota, giunge altro imprenditore, il Pasini di cui si diceva, primo proprietario dell’area dismessa: racconta pressioni da esponenti del Pd lomabrdo, soldi per ottenere varianti al piano regolatore, parla di 5,7 miliardi in lire, di stecche.

Sì, perchè si parla di lire, ancora a datare la storia e metterla sotto la scure della prescrizione. Non fosse che la Procura di Milano, la quale individua reati avvenuti in altra sede, invia questo inizio d’inchiesta a Monza. E Monza cammina, va avanti, risale la china degli anni, tanto da mettere comunque in salvo almeno parte del processo (se un giudice decreterà il rinvio a giudizio) dalla prescrizione.

I pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia definiscono, nell’avviso di chiusura indagini, Penati e i suoi uomini piazzati nei punti nodali del potere locale, «il direttorio finanziario democratico» che corre lungo «un quindicennio di sfruttamento della fuznione pubblica a fini di arricchimento privato».
Le accuse. Tangenti per la riqualificazione delle aree Falck ed Ercole Marelli, finanziamenti occulti per campagne elettorali, imposizione delle coop rosse, appalti pilotati. Con i capi A e B dell’imputazione - area ex Marelli - i pm accusano l’ex sindaco di Sesto di avere indotto due imprenditori a un’iniqua permuta dei terreni: fatti del 2000 che oggi si prescriverebbero nel 2015, e con la nuova legge - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione - sarebbero già prescritti nel 2010 (in quanto la nuova normativa taglia i tempi per la concussione).

Nel capo C si accusa Penati di avere indotto il costruttore Pasini a promettergli 20 miliardi di lire, versaglierne 4 e affidare incarichi per 1,8 milioni di euro a due professionisti delle coop rosse per l’area ex Falck: accusa questa fino al 2004, prescrizione attualmente al 2019, ma con la nuova legge al 2014 (termine davvero stretto per tre gradi di giudizio).

Con “Fare Metropoli”, fondazione creata da Penati, la Procura lo accusa di avere messo in piedi un deposito- contenitore di denaro per la sua impresa politica, e del tutto vuoto di operatività come l’organizzazione di eventi: versamenti diretti a Fare Metropoli o all’architetto Renato Sarno, come tarmite di Penati stesso, per un milione e 398 mila euro nel solo biennio 2008-2009 e 2008-2010.

Tra gli indagati in questa tranche anche l’ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini (per 5mila euro di dazioni) ed Enrico Corali, presidente di Banca di Legnano (per 10 mila euro). La prescrizione, in questo caso, è più lunga a venire: non scatterà fino al 2016-2017. E infine, ancora aperta in indagini, la faccenda delle supervalutazioni della quota Serravalle: la vendita alla Provincia di Milano del 15 per cento della Serravalle da parte del gruppo Gavio cui Penati risulta legatissimo e al quale avrebbe garantito una splusvalenzxa di 179 milioni di euro: azioni acquistate a 2.9 dai Gavio e rivendute alla Provincia a 8.83.

di Marinella Rossi