di Laura Lana

Sesto San Giovanni, 29 aprile 2012 — Come l’anno scorso, insieme agli ex bredini c’erano anche i sopravvissuti e i familiari delle vittime dell’Eureco, l’impianto di stoccaggio rifiuti in cui, a causa di un incendio, persero la vita quattro operai, alcuni dei quali dopo mesi di agonia. A un anno e mezzo dalla tragedia di Paderno Dugnano, ieri pomeriggio sono arrivati a Sesto e si sono uniti all’annuale corteo per dire «Basta morti sul lavoro», organizzato dal Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e del territorio.

Padernesi e sestesi hanno così sfilato dalla sede di via Magenta fino alla lapide di via Carducci, sulle note delle canzoni che si ascoltavano un tempo alla Breda. Insieme agli ex bredini, per le strade cittadine, hanno camminato anche i rappresentanti dell’Aiea, l’Associazione italiana Esposti amianto. Oltre ottanta lavoratori sestesi deceduti per mesiotelioma, «di amianto si muore ancora», denunciano le associazioni.

Michele Michelino, ex bredino e portavoce del comitato sestese, è uno di quei combattenti che ancora non si arrende. E, per non spegnere i riflettori sulle morti bianche, da quindici anni organizza la tradizionale manifestazione in ricordo delle vittime. «Abbiamo inaugurato questa lapide il 24 aprile del 1997. Da allora, ogni anno, commemoriamo i nostri morti — ricorda —. Stringiamo rapporti con le associazioni e i lavoratori di altri territori: continuiamo le nostre battaglie».

Poche parole, quelle scolpite sulla lapide di via Carducci, che si ritrovano anche sugli striscioni e sui cartelli portati al collo dai membri del comitato: «A perenne ricordo di tutti i lavoratori morti a causa dello sfruttamento capitalista. Ora e sempre resistenza». Firmato «I compagni di lavoro di Sesto San Giovanni». Franco Camporeale è il primo bredino vittima dell’amianto, mancato all’età di 45 anni nel 1992. Da allora, la lista nera si è allungata anno dopo anno. E non solo a Sesto. «Dopo tanti lutti e tante battaglie, insieme ai cittadini di Casale Monferrato e ad altre associazioni, abbiamo vissuto un momento storico: i padroni dell’Eternit sono stati condannati a 16 anni per disastro doloso e rimozione di cautele».

laura.lana@ilgiorno.net