Cinisello Balsamo, 23 giugno 2011 - Arriva alle 9,30 sul cellulare della polizia penitenziaria, marcato stretto da tre agenti: la luce del sole, dopo un mese trascorso ininterrotto dentro una cella, è una lingua di cortile fra il retro della Procura e il primo piano del palazzo di piazza Garibaldi, a Monza. Jeans scuri, scarpe sportive, maglietta bianca. Antonio Giordano ha la barba lunga, le manette strette sui polsi, gli occhi immobili, fissi sul pavimento.

Si alzano solo un attimo, quando entra nel corridoio che porta nella stanza del gip Maria Rosaria Correra: si scontrano per pochi secondi, apparentemente freddi, con quelli delle due giovani donne che lo accuseranno per quasi due ore davanti al giudice e al pubblico ministero, inchiodandolo a nuove colpe, oltre a quella di omicidio: violenza sessuale e sequestro di persona. «La posizione di Giordano si è aggravata», commenta il magistrato Franca Macchia al termine di una mattinata difficile.

È stato un passo decisivo, nel lavoro degli inquirenti, l’incidente probatorio fissato per cristallizzare le testimonianze di due prostitute che si vendono su via Milanese, a Sesto. Compagne notturne di Gianina Viorica Ganfalianu, la romena di 43 anni trovata incaprettata e uccisa nel box auto di Giordano, in vicolo Villa Rachele, a Cinisello Balsamo. Loro, prima della tragica sorte toccata a Gianina, erano già state abbordate dal muratore dalla doppia vita: portate nello stesso squallido garage, legate, costrette a subire quei rapporti estremi per cui il killer di Cinisello aveva un’ossessione. Loro, però, erano riuscite a fuggire. E a salvarsi.

Un racconto agghiacciante già fatto ai carabinieri di Sesto San Giovanni poco dopo la cattura di Giordano, il 25 maggio scorso. Racconto che, dopo l’udienza di ieri, potrà essere messo agli atti del processo, se e quando verrà svolto. Le testimoni sono giovani: 20 e 24 anni, entrambe ghanesi. La più grande, Sunny, è l’ultima riuscita a ribellarsi e a fuggire dalle grinfie di Giordano: era il 22 maggio. Tre giorni dopo sarebbe morta Gianina. Il pubblico ministero la chiama per prima a testimoniare. Sunny non ha paura.

Arriva insieme all’amica, scortata da due carabinieri in borghese. È la più decisa. Smessi i panni della notte, senza tacchi vertiginosi, senza minigonna, ha l’aspetto di una ragazzina. Capelli selvaggi, sandali bassi, maglietta castigata. Al collo, un rosario bianco. Davanti al giudice parla ininterrottamente per quasi un’ora: riconosce subito Giordano. Non esita un istante. Racconta ogni particolare, ricorda tutto. L’abbordaggio del muratore, a bordo della sua Fiat Punto, in via Milanese, a Sesto, nel mezzo di quel sabato notte trascorso uguale a tutti gli altri, a battere fino a tarda ora. «In macchina abbiamo avuto il primo rapporto».

L’aveva già legata. Poi la tappa in vicolo villa Rachele: «Ed ecco che spuntano i cavi elettrici, le corde». Lo stesso armamentario usato con Gianina: la macabra scenografia del delitto. Il resto è storia: Sunny si divincola, è forte, robusta, riesce a scappare in strada, va in scena una lite furibonda sotto gli occhi attoniti del vicinato svegliato dalle urla. Poi la corsa dai carabinieri, quel racconto controverso e inquietante che porterà gli investigatori a indagare sulle perversioni di Giordano, e infine alla scoperta del corpo della prostituta romena.

L’amica di Sunny attende fuori dalla stanza del gip il suo turno: anche lei in jeans e sandali rasoterra, i capelli raccolti, gli occhi umidi. Ha paura: «Lui sa dove abito», confida. Teme di poter passare dei guai. Ma alla fine entra, parla, lo riconosce. E ricostruisce la notte del 13 marzo, una domenica, quando venne abbordata da un uomo su una moto. «Era lui, quell’uomo?», chiede il pm indicando Giordano. «Sì, era lui». La ragazza riuscì a fuggire dal garage di Cinisello con una scusa: «Devo andare in bagno». Giordano la slega, alza la claire e lei scappa, veloce, fuori dall’incubo.