Cologno Monzese, 6 giugno 2011 - Trent’anni fa «Piè de fer» mandava in pensione «Gamba de legn». Il 7 giugno 1981 un serpentone di verdi vagoni arriva a Cologno e stana dalla sua strada ferrata la centenaria tranvia Milano-Vimercate, unica cerniera di collegamento tra l’hinterland più profondo e il cuore del capoluogo. È il giorno dell’inaugurazione del nuovo tronco della linea 2 della metropolitana, da Cascina Gobba a Cologno Nord.
 

Si celebrano domani i sei lustri di onorato servizio della verde, ma Villa Casati posticipa i festeggiamenti a venerdì, quando aprirà una mostra per raccontare un secolo di trasporti in città, «Dal tramvai alla metropolitana», raccolta di foto e curiosità con la curatela dello storico cittadino per eccellenza, Giuseppe Severi.
Tratta dal suo nuovo libro, che attende solo le stampe, la galleria di istantanee (le più antiche risalenti al 1880) racconta come ci si muoveva un tempo per raggiungere l’ombra della Madonnina (prima il trenino a vapore, il «Gamba de legn» appunto, poi il tram elettrico) e fissa i momenti di quel cambiamento epocale che fu l’arrivo del metrò.

La nuova tratta della verde infatti avvicinava vertiginosamente Milano.Tre le stazioni lungo i 3,36 chilometri di rotaia sopraelevata: al taglio del nastro le insegne recitavano Metallino, Cologno Monzese e Bettolino, in onore ai quartieri in cui sorgevano le fermate, ribattezzate poi, con minore sensibilità locale e maggiore senso pratico, rispettivamente Cologno Sud, Centro e Nord. Le enormi banchine, capannoni a due piani lunghi oltre 120 metri, collegate da viadotto di cemento compresso alto una decina di metri, furono un vero e proprio elefante architettonico che prendeva casa nel cuore di Cologno.

Tanto che la rivoluzione dei trasporti non venne accolta da un pacifico plebiscito. Quei vagoni grigi e sferraglianti segnavano infatti la fine di un’epoca: di quella Cologno a campi e sterpaglie, ultimi scampoli del suo dna agreste, che il cantiere del metrò fagocitava e cancellava. Su tutti il campo di calcio del centro: fu una vana levata di scudi per graziarlo. Gli ingegneri di metropolitana milanese hanno tirato una linea dritta e ben tesa in mezzo al paese, senza curarsi di uno sguardo urbanistico d’insieme: oggi gli effetti si vedono, con i complessi residenziali che lambiscono le rotaie, le finestre che si affacciano sui finestrini, il metrò che passa vicino, troppo vicino alle case.


Cologno diventava la lunga banchina verso Milano. Lo attesta ancora oggi il traffico che congestiona i parcheggi del metrò, soprattutto del capolinea di Cologno Nord, terminal intermodale della rete di autobus e pullman che serve la Brianza. Là dovrebbe sorgere, nei sogni archiviati nei cassetti di Regione e Provincia, l’agognato prolungamento della Verde da Cologno fino a Vimercate.

Ma ad accendere oggi le discussioni è una polemica che guarda dritto al capoluogo e al costo del biglietto. Trent’anni dopo infatti, la rivoluzione dei trasporti passa attraverso l’adeguamento di quella che i pendolari considerano un’ingiusta gabella, la tariffa interurbana che pesa troppo su biglietti e abbonamenti: rispettivamente 1,55 e 38 euro (il mensile) contro 1 e 30 euro per chi si ferma a Cascina Gobba. Fa arrabbiare, oggi come ieri: quel 7 giugno 1981 infatti, ad accogliere i sindaci craxiani, il milanese Carlo Tognoli e il colognese Carlo Bonalumi, c’erano già i cartelloni dei pendolari che lamentavano un biglietto salatissimo da 450 lire. Furono liquidati come facinorosi. Oggi invece, sono proprio i sindaci a cavalcare la battaglia dei propri cittadini. Segno che, se in trent’anni il capoluogo e provincia si sono avvicinati, e tanto, trovano ancora punti in cui sono distanti anni luce.