Paderno Dugnano, 14 novembre 2010 - Nove giorni di calvario. Non ha visto l’alba di ieri Sergio Scapolan, spirato durante la notte nel letto dell’ospedale Villa Scassi di Genova. Dopo lo spaventoso incendio del 4 novembre all’Eureco, per lui non c’è stato nulla da fare. La corsa disperata in elicottero nella struttura ligure specializzata in grandi ustionati, le cure dei medici che hanno fatto di tutto per alleviare il dolore e le sofferenze da quel corpo dilaniato dalle fiamme per l’80 per cento.

Non hanno potuto operarlo, le sue condizioni di salute non l’hanno mai permesso, qualsiasi intervento avrebbe fatto precipitare una situazione già compromessa. Disperata. Poi l’attesa. La speranza in un miracolo. Ma da quel rogo Sergio Scapolan non ha più riaperto gli occhi, di ora in ora si è spento lentamente. Alle 2.30 di ieri i medici hanno potuto solo constatarne il decesso. 
 

Poche ore prima, la visita del sindaco di Paderno, Marco Alparone, a Genova, per far sentire ai familiari la vicinanza di tutta la comunità. «Il pensiero ora va alla moglie Fernanda e alla giovanissima figlia, Azzurra. Per tutti questi giorni ha vegliato al capezzale, non si è mai mossa di lì, non voleva lasciare il suo papà». Azzurra, 22 anni, è stata una colonna portante per tutta la famiglia, è stata forte e matura. Si è fatta carico di tutto. «E adesso tutta Paderno deve far sentire a lei e alla madre la nostra vicinanza», ripete con gli occhi gonfi il primo cittadino.


La città si è svegliata in lacrime, incredula. Sergio Scapolan, 63 anni portati con la fierezza di un uomo abituato al sacrificio. Originario di Eraclea, era cresciuto nel quartiere di Calderara per poi trasferirsi con la sua famiglia nel cuore del paese, in una vietta tranquilla, riservata. Come lui. «Tutto casa e lavoro», ripetono gli amici. Dopo aver lavorato per anni in Metalli Preziosi, nei tempi «d’oro» dell’azienda metalmeccanica di via Roma, era andato in pensione ma non riusciva a staccare del tutto, anche per garantire un futuro alla sua «piccola». Così aveva iniziato a collaborare con Eureco, portando con sé le competenze consolidate in anni di lavoro nel settore chimico.

 Era sempre solare, ricordano i vicini. «Ci abbraccia tutti i giorni quando ci vede. Lo conosciamo da 30 anni e ci siamo affezionati a lui. Una bravissima persona», non riescono ancora a parlare al passato. «Non può essere successo, sapevamo che era in condizioni disperate ma abbiamo sempre creduto che, alla fine, ce l’avrebbe fatta», scoppiano in lacrime. Tutti lo ricordano a bordo del suo adorato camper. Quante mete ancora in agenda, spazzate via dall’inferno di giovedì 4 novembre.


Senza parole anche Ferid Meskha, l’unico ferito - con i bendaggi alle mani, segno indelebile di quell’esplosione - oggi fuori pericolo. «Sono davvero dispiaciuto, non doveva succedere», commenta turbato. Madre e figlia, dopo nove giorni in ospedale, hanno fatto ritorno a Paderno, sotto un cielo grigio e asfissiante.

Sconvolte.Si sono chiuse in casa, insieme al fidanzato di Azzurra che non le ha lasciate sole un attimo. Non se la sentono di parlare, travolte da un dolore più grande di loro. Un pellegrinaggio mesto sotto il loro portone. Solo rispettoso silenzio. Il sindaco nel pomeriggio si è stretto attorno alla famiglia: «Ho portato l’abbraccio della città».