Paderno Dugnano, 5 novembre 2010 - Niente Direttiva Seveso per la Eureco Holding di Paderno Dugnano. Da mesi l’azienda che tratta rifiuti pericolosi, olii e solventi chimici (200 le sostanze in elenco) non era più considerata uno stabilimento a rischio. Anzi, a rischio elevato come dice la legge. Nonostante un’avvisaglia di «disastro possibile». In luglio, hanno riferito i residenti della zona dopo l’esplosione che potrebbe costare la vita a sei operai, che lottano contro le gravi e egravissime ustioni riportate su tutto il corpo, c’era stato un altro scoppio. Un campanello d’allarme, forse ignorato. Nessuno però era rimasto ferito. E così l’attività di stoccaggio che fa dell’Eureko un polo chimico a tutti gli effetti è ripresa indisturbata fino a ieri. Senza lacci e lacciuoli.

«La Seveso prende in considerazione quantità e qualità delle sostanze trattate - spiega Edoardo Bai, responsabile scientifico di Legambiente - se le quantità calano si scende nella scala dei controlli fino ad azzerarli di fatto». Sulle cause del disastro è stata aperta un’indagine. I passaggi autorizzativi (la Seveso Ter impone come limite per uscirne lo stoccaggio di 2.500 metri cubi di sostanze pericolose) saranno soppesati al millimetro. «Troppo tardi - rincara Barbara Meggetto, direttrice di Legambiente Lombardia, - quando si ferisce l’ambiente si finisce con il travolgere vite umane. è la dolorosa realtà a cui assistimao in questi giorni».

Soggetta un tempo alla Seveso per l’art. 6, sostanze pericolose ma in quantità più limitate di quelle che fanno scattare i controlli ministeriali e l’articolo 8, ora la Eureco sarebbe soggetta al cosiddetto articolo 5. «Significa di fatto che di controlli non ce ne erano - aggiunge Bai - in questo caso è l’Asl che entra in campo, ma scendendo la scala del pericolo, la legge prevede una generica valutazione di rischio. Il dramma è che l’Unità operativa di controllo sugli incidenti rilevanti è stata dissolt. Con quasi 290 siti nell’hinterland soggetti alla Seveso, gli ispettori sono al massimo due.

C’è poi il profilo della gestione dell’incidente. E anche qui non mancano pieghe e procedure. Se le nubi che si sprigionano dall’esplosione escono dal perimetro aziendale, è la prefettura che deve far scattare il piano di emergenza. Se rimane confinato al sito, e non c’è rischio, come Eureco sulla carta, il sindaco. «Quasi sempre siamo nella seconda ipotesi», sottolinea Bai. Da ricostruire anche l’iter autorizzativo ottenuto dalla ditta per il trattamento di rifiuti speciali. Nel caso di Paderno Dugnano, l’azienda è titolare di un’Aia, un’autorizzazione integrata ambientale, ed è la Regione a concederla.

Dalla Direttiva Seveso si esce con un’autocertificazione. Resta da capire cosa è successo ieri alle 15 oltre i cancelli di via Mazzini. Un errore umano o un impianto difettoso e il lavoro rischia di uccidere ancora una volta nell’hinterland. Un’avvisaglia c’era stata. A luglio uno scoppio senza conseguenze aveva preoccupato i residenti della zona. E in questa piccola Thyssen si torna a parlare di morti bianche e di pericoli per l’ambiente. Come è successo nel giugno 2009 a Brugherio quando esplose un pilone della Terna a due passi dalle case. Per fortuna accadde di domenica, dopo il cambio turno e la centrale che serve mezza Italia era sguarnita. Altrimenti sarebbe stata una carneficina.

Danni milionari all’ambiente invece li ha causati il sabotaggio della Lombarda Petroli di Villasanta nel febbraio scorso. Dalle cisterne dell’ex raffineria brianzola è fuoriuscita una marea nera che minaccia ancora adesso l’ecosistema fluviale e il delicato equilibrio ambientale delle coste del Lambro e del Po. Anche la Lombarda era uscita dalla Seveso. Ma l’indagine ha accertato non avrebbe dovuto farlo.