Triangolo maledetto di Sesto: è fuggi fuggi di multinazionali

Riorganizzazioni massicce per Abb, Alstom transport e General electric di PATRIZIA LONGO

Operai che protestano contro il piano  di esuberi nel Triangolo maledetto di Sesto

Operai che protestano contro il piano di esuberi nel Triangolo maledetto di Sesto

Lo hanno ribattezzato il Triangolo maledetto: una dirimpetto all’altra, le multinazionali Abb, Alstom transport e General electric condividono alle porte di Milano non solo gli spazi, l’area ex Marelli, ma anche una fase di riorganizzazione aziendale. Che significa, in una parola: licenziamenti. Entro pochi mesi, un anno al massimo, uno ancora dei maggiori poli produttivi della Lombardia potrebbe essere ridimensionato, con il dimezzamento degli attuali 1800 posti di lavoro. Una crisi che, da Sesto San Giovanni, è destinata a toccare anche altre importanti realtà regionali, nel Legnanese e a Lodi. E le acquisizioni da parte di aziende estere stanno pesando anche su Comasco e Bergamasca nel settore del cemento. 

Sesto San Giovanni, 25 maggio 2016 - Varca i confini cittadini il piano Abb. Nel quartier generale italiano della multinazionale, dove lavorano un migliaio di impiegati, tecnici e dirigenti, hanno già fatto le valigie un centinaio di dipendenti. Il settore information tecnology, con 13 occupati, sarà azzerato: le attività traslocano in India. Una cinquantina di addetti del settore epc&gas è in cassa integrazione. Ma il peggio deve ancora venire: Abb ha annunciato altri 351 esuberi. La metà riguarda i colletti bianchi, 173 persone in maggioranza sestesi. Le attività standard saranno spostate in centri mondiali, collocati in paesi a più basso costo del lavoro. A sorpresa, altri 150 esuberi sono stati preventivati a Vittuone: statori e motori saranno prodotti in Estonia, India, Cina, Svezia e Finlandia. Lodi se la cava con 28 esuberi, ma da subito. Se Abb punta a tagliare il 35 per cento dei costi, a Sesto complessivamente si arriverebbe ad oltre trecento posti, General electric pensa addirittura di chiudere.

La multinazionale statunitense, dopo aver rilevato da Alstom tutto il settore power, è passata alla razionalizzazione delle sedi europee: 6500 esuberi dichiarati su 35mila addetti, 236 per lo stabilimento di Sesto San Giovanni dove però l’intenzione è di azzerare la produzione, che oggi impiega ancora 400 tra operai, tecnici e impiegati. Se ne discuterà ancora al Mise, la prossima settimana. Intanto l’azienda, nonostante le richieste del governo di astenersi da iniziative unilaterali, ha aperto la procedura di mobilità per 179 lavoratori. Le tute blu sono in sciopero permanente, a turni di mezz’ora, per impedire ai camion di portare via macchinari destinati ad altre sedi. Se non comparirà un acquirente, ipotizzato da settimane, l’orizzonte sarà sempre più nero.

Trattengono il fiato i 330 lavoratori di Alstom transport: oggi è prevista l’apertura delle buste nella gara d’appalto dei treni regionali, che potrebbe portare una boccata d’ossigeno. L’intenzione dell’azienda è di chiudere la produzione e trasformare lo stabilimento di Sesto in un polo di service per Centro e Nord Italia. Sparirebbe la fabbrica Ferroviaria, erede della Elettromeccanica Parizzi, poi Fiat, con il suo patrimonio industriale: in quel «Centro di eccellenza mondiale per i sistemi di trazione di treni, tram e metropolitane», come era stato definito da Alstom, è stato ideato il tilting, il sistema di oscillazione che consente al Pendolino di viaggiare ad alta velocità anche sui binari di vecchia generazione. «Dalle multinazionali si passa poi a tutto l’indotto: la situazione è decisamente grave – sottolinea Mirco Rota, segretario regionale Fiom –. È ora che la Regione intervenga».