IL COMMENTO - L'agonia del Trattato

Schengen è sotto pressione, dice con prudente aplomb Margaritis Schinas, portavoce della commissione Ue. Traduzione: la turbolenza ai confini di mezza Europa, dalla Danimarca alla Slovenia passando per l’Italia, certifica il fallimento del trattato che garantisce la libera circolazione. O meglio: Schengen funziona in tempi di normale amministrazione se il flusso di stranieri è una goccia. Salta quando la marea è inarrestabile di BEPPE BONI

Schengen è sotto pressione, dice con prudente aplomb Margaritis Schinas, portavoce della commissione Ue. Traduzione: la turbolenza ai confini di mezza Europa, dalla Danimarca alla Slovenia passando per l’Italia, certifica il fallimento del trattato che garantisce la libera circolazione. O meglio: Schengen funziona in tempi di normale amministrazione se il flusso di stranieri è una goccia. Salta quando la marea è inarrestabile. Quindi non è né di destra né di sinistra ripristinare i controlli alle frontiere, ma può essere una scelta necessaria. È una terapia difensiva a cui gli Stati sono costretti, un segnale dissuasivo destinato alle masse di disperati che anche in queste ore premono al confine serbo-macedone bianco di neve e di ghiaccio.

Dov’è l’Europa che sanziona l’Italia per le mancate identificazioni? Missing in action, dispersa in azione. Balbetta incerta e gli Stati fanno da soli in uno scenario di tensione. Fino a qualche mese fa tutti pensavano che in fondo molti migranti usassero l’Italia come terra di mezzo per avviarsi verso il civile Nord Europa che li accoglie. Era vero prima, non più adesso. Posti esauriti. Il rischio è che alla frontiera slovena dove già l’allarme è scattato (arrivano 4-500 migranti a settimana) il fiume si ingrossi verso l’Italia. Pensate a cosa può accadere in primavera col tempo favorevole. Ecco perché, pur senza dichiararlo, anche noi siamo costretti ad addomesticare Schengen con la polizia mobilitata al confine per controllare i documenti  di chi entra. Intanto fa acqua anche il meccanismo delle espulsioni.

È lento e complicato. Ne erano programmate 80 al mese ma in tre mesi ne sono state compiute solo190. Meglio che niente, ma così non va. Oggi Germania, Svezia e Danimarca si riuniscono a Bruxelles per raffinare un «maggior coordinamento». Obiettivo nebuloso. E perché solo in tre? E gli altri che fronteggiano il flusso? Misteri europei. È evidente che il meccanismo destinato a regolare l’emergenza migranti non funziona, è privo di strategia e manca di obiettivi. Ecco perché serve una svolta radicale anche nelle scelte di politica estera verso Siria e Libia da dove parte la valanga. Oltre 3.500 morti nel Mediterraneo, il muro di Ungheria, l’inadeguatezza della risposta e il disagio sociale innescato come una bomba in Europa sono la chiamata finale.

di BEPPE BONI