Safar, quando l’Oriente era magico

Viaggio alla scoperta della poesia mistica orientale in compagnia di Pamela Villoresi

L’attrice Pamela Villoresi

L’attrice Pamela Villoresi

Milano, 24 luglio 2016 - Un elegante salotto. Da dove partire alla scoperta della poesia mistica orientale. Il mondo arabo, per intenderci. Anche se ci si spinge fino ai colori dell’India. Padrona di casa Pamela Villoresi. Che domani e dopo al Franco Parenti è protagonista di 'Safar', testo di Bebetta Campeti per un mosaico di autori che vanno da Lalla a Rumi, da Ibn Al Arabi a Tagore. Poesia e spiritualità: incroci non inediti per l’attrice toscana. Qui accompagnata sul palco da un piccolo ensemble di sonorità antiche.

Signora Villoresi, com’è questo suo Safar?

"È un viaggio fra i poeti mistici orientali, islamici e induisti. Maestri che hanno scritto per lo più fra il 1000 e il 1300, tranne il Premio Nobel Tagore. È come se ci si muovesse all’interno di una vasta cultura che parte dall’Andalusia e arriva fino al Kashmir. L’occasione per conoscere un po’ i nostri vicini di casa, i loro aspetti più belli e affascinanti, che in tanti purtroppo non conoscono".

Anche la musica ha un ruolo da protagonista?

"Sì, parole e musica insieme fanno emergere un quadro completo dove saranno suonati anche alcuni strumenti antichi, che all’epoca già accompagnavano queste poesie che si facevano canto. Sono un po’ come i nostri madrigali, parte di una grande tradizione".

Cosa l’ha spinta a 'partire'?

"La mia cultura è occidentale, europea, austro-ungarica. Avevo un rifiuto per il mondo arabo per la condizione della donna. Ma mi sono detta che non potevo avere un rifiuto ignorante, dovevo almeno conoscere. Ho così scoperto la bellezza di queste culture, il loro pensiero, la teologia. Un mondo che vale la pena approfondire".

La bellezza come risposta agli orrori quotidiani?

"Certo, anche per non fare di tutta l’erba un fascio. C’è una memoria da riscoprire, non solo da noi. In questo caso un misticismo cosmico, universale, che molto insegna. Baratri di ignoranza lo separano dalle divisioni e dall’odio di oggi".

Cosa significa il titolo?

"Vuol dire viaggio. Se dovessimo pagare i diritti per tutte le parole che provengono dall’arabo, saremmo ancora più indebitati! È un viaggio doppio, geografico e mistico: l’amore di cui si parla è inizialmente il riconoscere la bellezza della propria terra; poi diviene carnale, la passione dell’unione e dell’abbandono; infine è la ricerca del sé. La musica sottolinea l’evoluzione, trasformando la vitalità delle prime poesie in un «Om» conclusivo, verso l’assoluto".

Come sarà il debutto?

"Estremamente intenso. Il lavoro è nato chiacchierando ma ci ha preso la mano. Mi rimane un solo dubbio: ho un meraviglioso sari indiano mai indossato, da troppo tempo chiuso nell’armadio. Potrebbe essere l’occasione giusta, ma non so se sta bene coi miei tratti così mittel-europei. Che faccio, lo metto?".

Teatro Parenti, via Pier Lombardo 14, ore 20,30