Strage al museo di Tunisi: "Siamo salvi per miracolo"

Simona Panico e la sua famiglia erano a pochi metri di Monica Guerci

Simona Panico con il marito erano a Tunisi insieme ai due figli

Simona Panico con il marito erano a Tunisi insieme ai due figli

Lainate, 23 marzo 2015 - I figli troppo piccoli per divertirsi durante una visita al museo e la mania per lo shopping. Simona Panico e la sua famiglia sono scampati al massacro del Museo del Bardo, nel cuore di Tunisi, per puro caso. Assieme al marito e ai due figlioletti (2 anni e mezzo e 3 anni e mezzo) era anche lei a bordo della Costa Fascinosa, come tanti connazionali. «Siamo salvi, ora siamo sulla nave, non possiamo ripartire... mancano passeggeri», i primi messaggi che ha scritto negli attimi successivi alla strage per comunicare con parenti e amici che in Italia erano in ansia per loro. «Noi eravamo nell’escursione successiva... mi ero fermata a comprare delle scarpe...». Durante la tappa a Tunisi «mio marito avrebbe voluto fare visita al Museo, ma i bambini si sarebbero annoiati e io non ne avevo molta voglia», ricorda. Solo per una serie di coincidenze fortunate non sono andati col primo gruppo di croceristi diretti al Bardo. Mentre aspettavano davanti alle vetrine il turno successivo, a 500 metri da loro scoppia il caos. «Non ci siamo resi conto di nulla all’inizio, non abbiamo capito cosa stava accadendo - racconta Simona -. Ci siamo trovati in mezzo alla gente che scappava. In fretta ci hanno fatto risalire sul pullman e riportato alla nave. Poi abbiamo saputo dell’assalto del commando terrorista». 

IL RICORDO Simona Panico con il marito erano a Tunisi insieme ai due figli di 2 anni e mezzo e 3 anni e mezzo

Sposi novelli, a gennaio scorso il matrimonio, questa vacanza rappresentava per la coppia un’occasione speciale «il viaggio di nozze che non avevamo ancora fatto, una crociera ci era sembrata la soluzione migliore per i bambini. Il ricordo di questa esperienza ci ha segnato per sempre». Nelle ore successive all’attentato a bordo della nave turistica l’attesa per i passeggeri che ancora mancavano all’appello. «È stata straziante. Piano piano ci siamo resi conto che tutto era accaduto davvero, che non era solo un incubo. In quei momenti ho capito che il nostro vicino di tavolo, che non era rientrato insieme agli altri, era una delle vittime dell’attacco, colpito da una raffica di mitra mentre si trovava sul bus davanti all’edificio».

Oggi cosa resta? «Un brutto ricordo - conclude Simona -. Sono, siamo ancora sconvolti per la paura che sarebbe potuto accadere qualcosa di terribile ai bambini. Ma sono anche certa che prima o poi tornerò a Tunisi, non farlo sarebbe come darla vinta ai terroristi e farsi schiacciare dalla paura».

monica.guerci@ilgiorno.net