Pero, niente Falcon ai profughi. La Prefettura orientata verso il no

Mancherebbero requisiti strutturali per ospitare i 500 immigrati

La struttura che avrebbe dovuto accogliere il gruppo di profughi

La struttura che avrebbe dovuto accogliere il gruppo di profughi

Pero (Milano), 4 aprile 2016 - La graduatoria dovrebbe essere pubblicata a breve, già nei prossimi giorni. E, stando alle ultime indiscrezioni, in quell’elenco potrebbe non esserci il Falcon Residence di Pero, la struttura scelta dalle cooperative siciliane Azione Sociale e Ippocrate per ospitare 500 richiedenti asilo fino al 31 dicembre. Sembra – dalla Prefettura non arrivano però conferme ufficiali – che dai controlli su quella parte di stabile destinata all’accoglienza dei migranti siano emerse criticità di natura strutturale, come peraltro più volte affermato dall’amministratore di condominio sulle colonne del Giorno.

La certezza si avrà solo quando verrà resa nota la lista con gli enti selezionati da Palazzo Diotti, ma pare proprio che all’aggiudicazione provvisoria (il raggruppamento temporaneo d’imprese capitanato dalla Ippocrate si è classificato primo con più di 88 punti) non seguirà quella definitiva. Dal canto suo, l’amministratore unico della onlus di Enna Paolo Colianni, contattato ieri, continua a professarsi ottimista sul buon esito della procedura: «A noi non risultano particolari problemi: siamo pronti ad andare avanti con il progetto e a dialogare con le istituzioni locali per limitare al minimo l’impatto sul territorio e convincere anche gli scettici della bontà dell’iniziativa».

Un’iniziativa, denonimata «Return», che punta a formare i migranti per consentire loro di ritornare in breve tempo nei rispettivi Paesi d’origine. Si vedrà se alla fine il Falcon rientrerà o meno nel piano d’accoglienza da 2.500 posti predisposto da corso Monforte per fronteggiare l’emergenza. Un’emergenza ogni giorni più preoccupante, se è vero che nelle ultime ore un altro centinaio di persone è giunto in Lombardia nell’ambito del piano di ripartizione del Ministero dell’Interno. E la novità del 2016, ormai consolidata, rischia di mandare in tilt l’intero sistema: i transitanti che restavano solo 2-3 giorni per poi ripartire verso il Nord Europa si sono rapidamente trasformati in presenze fisse, complici l’implementazione delle procedure d’identificazione negli hotspot al Sud e il giro di vite sui controlli messo in atto da alcuni Paesi dell’Unione europea (Austria in testa). Il turnover nei centri è bassissimo: «Basti dire – avverte Alberto Sinigallia, presidente di Fondazione Progetto Arca – che dei 100 che hanno passato la notte all’hub solo in 3 sono andati via». E gli altri 97? Rimarranno qui per mesi, in attesa che la competente commissione territoriale vagli le richieste di asilo.