Mercoledì 24 Aprile 2024

Calvario di una donna in corsia, fitte atroci durante l’esame. "Mia moglie era disperata"

"Non è possibile che un complesso importante come l’ospedale Salvini non preveda un sistema per poter evitare certe sofferenze. Aggiungo che a fine esame i pazienti vengono infine adagiati su poltroncine pieghevoli in un corridoio di fronte alla sala d’aspetto, davanti a tutti, senza nessun riguardo per la riservatezza delle persone" di Monica Guerci

L’esame diagnostico all’ospedale Salvini si è trasformato in una vera odissea per una donna di 65 anni

L’esame diagnostico all’ospedale Salvini si è trasformato in una vera odissea per una donna di 65 anni

Garbagnate Milanese (Milano), 21 dicvembre 2104 - Non era la prima volta che doveva sottoporsi a quell’esame, il dolore lo aveva già provato. E così tutto il resto, i fastidi, la paura, il disagio. Ma il male provato durante l’ultima colonscopia è stato insopportabile. Protagonista una donna di 65 anni residente a Lainate. «Mia moglie sa farsi coraggio, era già passata da quella esperienza all’ospedale di Rho, eppure urlava disperata dal dolore, chiedeva ai dottori di fermarsi», racconta il marito della donna che si è lamentato con i sanitari per non aver interrotto l’esame, per non aver praticato un’anestesia più forte. Il medico gli ha spiegato che una sedazione maggiore non avrebbero potuta farla senza l’anestesista e ha consigliato in futuro di eseguire in un’altra struttura un esame virtuale.

«Il personale sanitario non c’entra, io non voglio polemizzare con loro - spiega l’uomo -, ma non è possibile che un complesso importante come l’ospedale Salvini non preveda un sistema per poter evitare certe sofferenze. Aggiungo che a fine esame i pazienti vengono infine adagiati su poltroncine pieghevoli in un corridoio di fronte alla sala d’aspetto, davanti a tutti, senza nessun riguardo per la riservatezza delle persone». Non è tutto. Il giorno successivo la donna accusa forti dolori al fianco, ha perdite di sangue ed è costretta a tornare in ospedale. Sottoposta a controlli è potuta rientrare a casa dopo una trafila di 4 ore.

«La paziente che già aveva avuto problemi in precedenti esami effettuati in un altro ospedale, prima della colonscopia è stata informata dai sanitari della possibilità di sentire del dolore a causa della sua patologia e che per questo le sarebbe stata praticata una sedazione più forte. Il tutto rispettando i protocolli e sottoscrivendo il “consenso informato” - si legge nella replica dell’ospedale -. Il medico che ha praticato l’esame ha messo in atto tutti gli accorgimenti possibili per rendere meno doloroso l’accertamento. La donna, terminato l’esame, è stata fatta accomodare su una poltrona in una zona riservata a questi pazienti e trattenuta il tempo necessario per il “risveglio” totale. È naturale che in questi casi ci possano essere delle perdite ematiche e dolori post-esame. Per questo la paziente che lamentava disturbi è stata indirizzata al pronto soccorso dove ha effettuato tutti gli esami, tac compresa, che hanno escluso perforazioni intestinali o altro».

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