Strangolata e abbandonata nuda, la difesa: "Pizzocolo non voleva uccidere"

Il ragioniere di Arese "ha agito seguendo un impulso incosciente e incontrollabile". Lo ha sostenuto durante la sua arringa l’avvocato dell’uomo sotto processo a Busto Arsizio con l’accusa di omicidio volontario aggravato

Lodi, ragazza romena strangolata, arrestato Andrea Pizzocolo (Cavalleri)

Lodi, ragazza romena strangolata, arrestato Andrea Pizzocolo (Cavalleri)

Arese, 20 marzo 2015 - Il ragioniere Andrea Pizzocolo «non voleva uccidere» la romena di 18 anni Lavinia Simona Aiolaiei, e ha agito «seguendo un impulso incosciente e incontrollabile». Lo ha sostenuto durante la sua arringa l’avvocato Vincenzo Lepre, difensore dell’uomo sotto processo a Busto Arsizio con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili e dalla crudeltà, di vilipendio e oscenità su cadavere e anche di sequestro di persona e violenze ai danni di un’altra escort romena.

Pizzocolo era stato arrestato il 7 settembre 2013 con l’accusa di aver ucciso poche ore prima in un hotel a Olgiate Olona, in provincia di Varese, la escort 18enne, abbandonando il cadavere in un campo a San Martino in Strada (Lodi). Dopo aver strangolato la vittima con delle fascette da elettricista, il ragioniere ha compiuto un vero e proprio stupro a più riprese della ragazza ormai senza vita, riprendendo la scena con una telecamera. «Pizzocolo ha agito senza prendere alcuna precauzione - ha spiegato il legale - e per questo non si può parlare di un omicidio premeditato. Quando ha agito era parzialmente incapace di intendere e di volere».

Secondo la difesa, infatti, la ragazza sarebbe morta durante un gioco erotico con il cliente, che l’aveva contattata su internet. L’avvocato Lepre si è opposto quindi alla richiesta di una condanna all’ergastolo formulata nelle scorse udienze dal pm di Busto Arisizio Raffaella Zappatini, proponendo di escludere le aggravanti e di riconoscere le attenuanti generiche. Oggi sono intervenuti anche i legali dei familiari della ragazza, parte civile nel processo, che si sono uniti alla richiesta del massimo della pena e hanno chiesto un risarcimento.