Bimbo Down senza assistenza. I genitori: "Qualcuno accolga il nostro Davide"

Il problema nell'assistenza a Davide: «Strutture comunali inadeguate oppure le private troppo costose. Dopo le elementari è il vuoto» di Monica Guerci

Davide con i genitori (Studionord)

Davide con i genitori (Studionord)

Bollate, 29 agosto 2014 - Dopo la scuola, la giornata per Davide, 11 anni, affetto dalla sindrome di Down, prosegue davanti a una tv accesa. Peppa Pig, i cartoni animati, sempre gli stessi, continueranno a riempire i suoi pomeriggi. Restano infatti inascoltati tutti gli appelli della famiglia rivolti all’amministrazione, alle istituzioni, alle associazioni. Per Davide i genitori sperano nell’inserimento in strutture adeguate che si possano prendere cura di lui di pomeriggio, mentre loro lavorano.

«Terminate le elementari, per questi bambini c’è il vuoto — spiegano la mamma e il papà di Davide, Annamaria e Claudio Guerriero — Non ci sono soluzioni adeguate, strutture che li aiutino nel loro sviluppo, a trovare la propria autonomia». Le strutture private specializzate costano troppo, quelle convenzionate non sono sempre in grado di soddisfare le esigenze di tutti. Le relazioni mediche dicono che il bambino «necessita di essere inserito con una frequenza giornaliera in un centro semiresidenziale, dove possa effettuare terapie di tipo occupazionale, riabilitative, con integrazione di una frequenza scolastica ridotta».

Attualmente il centro Itaca non può garantire tale frequenza e non può offrire al bambino una presa in carico più articolata. Al centro sanitario di Limbiate che si occupa di bambini come Davide da un lato e di quelli più grandi con patologie psichiatriche dall’altro, i Guerriero si sono affidati l’anno scorso ma le cose non hanno funzionato e il ragazzino si rifiuta sempre più spesso di tornarci. Per questo l’estate l’hanno trascorsa in cerca di una soluzione. Senza trovarla. Troppo lunghe le liste d’attesa in altri centri che potrebbero essere adatti; troppo cari quelli dove un posto si trova anche la mattina, «basta che apri il portafoglio». Non sono invece adatti i centri di aggregazione.

«Siamo disperati, demoralizzati, non sappiamo più cosa fare. La storia è sempre la stessa: chi ha soldi, può tutto. La nostra battaglia, invece, non è servita a niente. Abbiamo bussato a tutte le porte», dice la mamma. È rimasta senza risposte anche la lettera inviata al cardinale Scola. La scuola anche per Davide inizia l’11 settembre.