Rho, intervento ritardato e paziente in carrozzina: ospedale condannato a risarcire

Il Tribunale di Milano ha stabilito un maxi indennizzo di 670mila euro

Azienda ospedaliera condannata

Azienda ospedaliera condannata

Rho (Milano), 21 giugno 2017 - L'errata diagnosi iniziale, il mancato trasferimento a una unità di neurochirurgia e il ritardo nell’attuare l’intervento chirurgico in riferimento alla patologia diagnosticata: per tutti questi motivi il Tribunale di Milano ha condannato l’azienda ospedaliera Salvini a un maxi risarcimento, pari a 670mila euro, nei confronti di un uomo che oggi è costretto a vivere in carrozzina. La vita Francesco M., di Lamezia Terme, che all’epoca dei fatti aveva 44 anni, padre di 5 figli, è radicalmente cambiata da quando, nel gennaio del 2009, venne ricoverato in ospedale per un dolore alle gambe. L’uomo, un elettrotecnico, in quei giorni si trovava per lavoro nel Milanese e venne portato al pronto soccorso all’ospedale di Rho.

Al momento del ricovero (il 17 gennaio) gli venne diagnosticata una lombosciatalgia e ipostenia degli arti inferiori. Venne poi sottoposto a una Tac, che evidenziava complicazioni a livello della colonna vertebrale. Il giorno prima dell’intervento chirurgico, previsto per il 27 gennaio, Francesco venne portato a Legnano per un consulto: i medici sottolinearono una sintomatologia da ricondursi a una sindrome della cauda equina (una grave condizione neurologica dovuta a disfunzionalità delle radici nervose lombardi e sacrali, all’interno del canale vertebrale) ma per carenza di posti letto lo rimandarono a Rho. Venne operato solo il 3 febbraio. Quando venne dimesso la diagnosi è stata "paraparesi in esiti di ernia discale": in pratica Francesco è costretto a vivere in carrozzina. "Le linee guida dell’Istituto superiore di Sanità - afferma l’avvocato Bruno Rondanini, che ha difeso Francesco M. con le consulenze del medico legale Roberto Messina e del neurochirurgo Luciano Arnaboldi - prevedono che la sindrome da cauda equina da ernia del disco intravertebrale presenti un’indicazione assoluta all’intervento da eseguire entro 24 ore e non oltre le 48 ore all’insorgenza dei sintomi. In questo caso si sono attesi ben 14 giorni".

Il giudice, riconoscendo la responsabilità dei medici, ha condannato l’azienda Salvini al pagamento di una somma di 670mila euro all’uomo, alla convivente e ai figli. La sentenza emessa dal Tribunale di Milano è la più elevata sinora emessa in Italia per casi di sindrome di cauda equina. L’avvocato Rondanini ha comunque annunciato che ricorrerà in Appello. "Il giudice ha stabilito che comunque, anche se fosse stato eseguito l’intervento nelle 48 ore prescritte dalle linee guida, il paziente avrebbe rischiato di rimanere paralizzato. C’è una sentenza della Corte di Cassazione – spiega Rondanini - che detta come l’intervento eseguito oltre le 48 ore dal ricovero nega l’accesso a quella elevata probabilità di guarigione del tutto esente da postumi che in caso di intervento tempestivo l’uomo avrebbe avuto. Inoltre nei confronti dei figli, alcuni dei quali sono ancora minorenni, il giudice ha liquidato una somma irrisoria".