Cornaredo, missione diplomatica in Mauritania per liberare Cristian Provvisionato

Diabetico, in carcere da 10 mesi, ha perso 30 chili: "Sono innocente", giura

Lo striscione comparso al Meazza che chiede la libertà per Cristian

Lo striscione comparso al Meazza che chiede la libertà per Cristian

Cornaredo (Milano), 16 giugno 2016 - «Sono un garante umano. Ma spero vogliate capire che io sono parte lesa, e vittima, come voi, in questa brutta vicenda». Finisce così la lettera che Cristian Provvisionato, 42 anni, da dieci mesi prigioniero del governo mauritano, scrive a propria tutela, per prendere le distanze da chi ritiene i veri responsabili della sua carcerazione. Una vicenda terribile e complessa, che si è trasformata in un incubo, pochi mesi prima che l’uomo, addetto alla sicurezza, potesse sposarsi con la compagna a Cornaredo, dove viveva.

L’ambasciatore Roberto Natali, da tre anni di stanza in Marocco, è appena ritornato da Nouakchott, capitale della Mauritania, dove dalla fine di agosto l’italiano è prigioniero in un posto di polizia. Dopo averlo incontrato, fanno sapere fonti della Farnesina, e averlo trovato «in condizioni fisiche e psicologiche un po’ migliori» che in passato (l’uomo, diabetico, ha perso 30 chili durante la detenzione), il diplomatico ha avuto un colloquio con i legali della difesa, ma soprattutto con due importanti ministri della repubblica islamica, quello degli Esteri e quello della Giustizia. In particolare, da quet’ultimo Natali avrebbe avuto rassicurazioni circa un rapido pronunciamento del giudice che, dopo 9 mesi di detenzione, per la prima volta lo ha ascoltato davanti a una corte.

«Sono accusato di aver partecipato a una truffa informatica - scrive Provvisionato, in una lettera consegnata al “Giorno” dalla compagna, Alessandra Gullo - ma a quale scopo sarei mai venuto in Mauritania, se, complice di queste persone, avrei dovuto sapere che il Governo locale aveva già pagato una società estera, che poi non gli ha fornito il prodotto?». Il riferimento è chiaro. Come precisa anche la Farnesina, confermando la versione della famiglia di Cristian, lo scorso agosto lui è stato inviato a Nouakchott da una società milanese per conto della Wolf Intelligence, società inglese che commercializza prodotti tecnologici finalizzati alle intercettazioni e al controllo remoto di dispositivi elettronici. Non è chiaro il ruolo della società milanese (che abbiamo cercato invano di contattare), ma quel che è certo è che Cristian ha sostituito un altro funzionario, rientrato in Italia. Secondo la famiglia, che ha depositato, tramite i suoi legali milanesi, Vinicio Nardo e Giovanni Pasceri, una denuncia ad hoc, la stessa doveva sapere del rischio di arresto.

Ma cosa ha determinato il fermo di Provvisionato? Secondo alcuni giornali mauritani, dietro il pasticcio ci sarebbe la mancata consegna da parte della Wolf dell’ultimo sistema di sicurezza, un affare di qualche milione di euro, già pagato dai mauritani. Di qui la definizione di “garante umano”, che fa di se stesso l’ostaggio. A far visita a Cristian, che non può telefonare a casa, nei mesi scorsi, si sono recati prima la madre Doina Coman, poi il fratello Maurizio, quindi la compagna Alessandra, durante il ponte del 2 giugno. Tutti lo hanno trovato provato, dimagrito, e con guai di salute legati alla sua patologia.

«Ma soprattutto sconfortato - dice Alessandra - Ha la certezza che anche i mauritani abbiano capito la sua innocenza, lui di informatica non sa nulla. Eppure ancora nulla di concreto si muove». Crescono intanto le manifestazioni di solidarietà alla famiglia di Cristian. Oltre alle interrogazioni parlamentari già depositate da Movimento Cinque Stelle e Lega Nord, c’è stato l’appello del sindaco (Pd) di Cornaredo, Yuri Santagostino. ma anche lo sport si è mosso. Domenica scorsa alla festa degli Old Fans (gruppo di supporter dell’Inter) i tifosi hanno promesso di continuare a esporre allo stadio Meazza gli striscioni con la scritta “Libertà per Cristian Provvisionato”. Si spera per poco.

«Sono stato trattato bene», scrive Cristian in una lettera al Giorno. «Ho avuto un interprete italiana il 10 maggio quando sono stato ascoltato dal giudice con i miei avvocati. Mi è stato detto che sono accusato in modo marginale di essere coinvolto in una truffa informatica ai danni del governo e di riciclaggio di denaro». La ricostruzione dei fatti? «Il governo mauritano ha pagato in cambio di una garanzia umana da parte della societa estera. Mi è stato detto che non c’era nessun rischio e che la società era affidabile. Dopo, nessuno è venuto a chiarire. Ma ho la sensazione che qui abbiano capito la verità. Ho fiducia nella diplomazia, anche se con tempi lunghi. Ringrazio l’Italia, che si sta occupando seriamente della vicenda e tutti quanti mi stanno aiutando. Un ultimo appello al buon senso, non sono un informatico, non ho mai cercato di lasciare il paese in maniera illegale, sono stato usato e ingannato, sono parte lesa come la Mauritania»