Alfano cerca di risolvere il rebus Cristian Provvisionato

Da Cornaredo alla Farnesina, Doina Coman, madre dell'ostaggio in Mauritania, viene ricevuta al Ministero degli Esteri

Doina Coman alla partenza della sua marcia in piazza a Siena

Doina Coman alla partenza della sua marcia in piazza a Siena

Cornaredo (Milano), 26 aprile 2017 - «Signora Coman, alle 9 e mezza il ministro Alfano l’aspetta alla Farnesina». La telefonata è arrivata ieri, con 24 ore di anticipo sull'appuntamento di stamane, mentre lei, la madre di Cristian Provvisionato, era ad Acquapendente, sulla via Francigena, a 130 chilometri da Roma, meta del cammino a piedi, iniziato a Siena qualche giorno fa, per sollecitare il governo a occuparsi del figlio. Una telefonata che Doina Coman, 62 anni, attendeva da 20 mesi, da quando alla Farnesina sedeva l’attuale premier. E che ha squarciato un’ulteriore cumulo di nuvole sulla vicenda dell’ostaggio italiano, prigioniero in una caserma di Nouakchott, capitale della Mauritania. Una detenzione prolungata e a lungo misteriosa (la famiglia ha avuto le prime notizie di Cristian quattro mesi dopo il suo arresto, quando ormai lo credeva scomparso in qualche anfratto del Sahara).

Cristian infatti, ecco il paradosso, non è di fatto accusato di nulla. Tanto da essere comparso davanti a una corte giudicante una sola volta, e a nove mesi dal suo arresto, avvenuto il 1 settembre 2015. L’esecutivo della Repubblica Islamica aveva infatti all’inizio ipotizzato (ma senza mai formulare un’accusa specifica) la partecipazione di Cristian a una banda internazionale, a sua volta accusata (qui con reali prove) di avere truffato la Mauritania per circa un milione e mezzo di euro, dopo l’incompleta consegna di una complessa architettura di sistemi di cyberspionaggio web.

Ed è proprio qui, sul delicato terreno dei servizi segreti, delle spie e delle intercettazioni via Internet, che si dipana la surreale vicenda che vede per protagonisti hacker indiani e israeliani, improvvisatori della finanza, società di investigazioni private e di software, diplomatici, magistrati italiani e africani e rappresentanze d’affari. Una ragnatela all’interno della quale, per caso e del tutto inconsapevole, è rimasto intrappolato il povero Cristian, 43 anni, diabetico, e dimagrito di trenta chili nei primi nove mesi di detenzione, almeno fino a quando non gli è stata fornita una dieta alternativa a quella di riso e acqua (micidiale nel suo caso per eccesso di amidi), a pranzo e cena.

La vicenda, in sintesi. Il giorno di ferragosto del 2015 Cristian, bodyguard, è in Liguria al mare con la compagna Alessandra Gullo, a pochi mesi dalle nozze, previste in autunno. Quando arriva la fatale telefonata, da una società milanese, per la quale Provvisionato lavora in modo occasionale. La proposta: andare in Mauritania per una presentazione di prodotti informatici, un paio di settimane. ottima paga, ma partenza immediata. Lui obietta che di computer non sa nulla, ma la replica è netta. Basta la presenza, una giacca e una cravatta. Dovrà solo scortare un tecnico indiano.

Quando arriva nella terra dei tuareg, invece, Cristian si rende conto che nulla è organizzato, ma nel frattempo un funzionario italiano rientra a Roma al suo posto. I giorni si succedono nel nulla, fino a quando alcuni agenti arrivano e lo ammanettano. Cos’era accaduto? La società italiana faceva parte di un pool di aziende, tra cui quelle fornitrici del software-spia. Tredici sistemi in grado di infettare pc, smartphone o tablet, per monitorare a distanza potenziali terroristi o soggetti ritenuti degni di nota. Ma il tredicesimo sistema, quello necessario a far funzionare gli altri, non è mai arrivato alla Mauritania, che aveva già sborsato un milione e mezzo di euro. Di qui l’ipotesi di truffa e l’arresto di Cristian, come figura di garanzia, insieme a un tecnico indiano.

«Vado dal ministro con cuore aperto e spirito positivo - dice Doina (oggi alle 12.15 anche in diretta su Rai Uno da Magalli a “I fatti vostri”) - nella speranza di portare a casa un innocente. La magistratura italiana si sta muovendo, ha individuato i veri responsabili e mi auguro paghino presto. Ma ora mi interessa solo riavere mio figlio. Il 1° maggio inizierà lo sciopero della fame e con il diabete sono preoccupata. Mi ripete ormai spesso: mamma, restare qui vivo, o morto, per me è lo stesso. Era andato via per lavoro come Del Grande. E come lui deve tornare a casa».