Centro commerciale di Arese: shopping senza code? La missione non è impossibile

Tra code interminabili e scontrini al ribasso, il racconto in prima persona della nostra giornalista che ha fatto tappa nella meta di shopping milanese del momento. Il segreto per evitare la fila nel weekend? Svegliarsi presto

Aperto il centro commerciale dei record di Arese (Newpress)

Aperto il centro commerciale dei record di Arese (Newpress)

Arese, 19 aprile 2016 - Avevo giurato di vedere il nuovo centro commerciale di Arese entro domenica 17 mattina. E ci sono riuscita. Senza coda. Vero, anche se è difficile crederlo. Il trucco? Mi sono mossa da casa mia, centro di Milano, in tempo per essere ai cancelli intorno alle 8,30 prima dell’apertura e potere infilarmi subito in coda (ma io speravo di saltarla) da Primark.

Così dopo un’alzataccia da lunedì mattina, una doccia e un caffè mi sono butta in auto e sono arrivata con pochissimo traffico alle 8,35 trovando facilmente parcheggio all’aperto senza dovere cercare nella parte sotterranea del centro. Dentro tutto riposava, o quasi. La coda davanti ai negozi low cost era già iniziata (ma non al secondo piano di Primark dove mi sono subito piazzata con destrezza) mentre caffetterie, bar e gelatai erano già assaltati da persone intenzionate a mettere i denti su qualsiasi cosa fosse posata su un vassoio. Dolce o salata: impossibile reggere l’urto dei buongustai a meno di non avere giocato a rugby classificandosi bene. O molto bene. Brioche, cappuccini, caffè, doppi coni, patate fritte, pizze: tutto spariva in fauci affamate e velocissime, pronte passare in un altro bar, un altro banco, un altro genere alimentare. Senza fretta, senza tregua.

Alle nove, orario di apertura, la security (già stanca ma cortesissima) di Primark faceva già passare solo 40 persone alla volta. Ma io ero tra i primi e mi sono goduta i prezzi stracciati ma anche le pile degli indumenti ancora in ordine, gli assortimenti giusti, gli spazi ancora abbastanza liberi. All’uscita con due sacchi della spesa colmi di roba della più varia, ho assalito altri due low cost dopo avere usufruito delle toilette del primo piano (ho visto alberghi con bagni peggiori) mentre la meta di qualcosa da bere restava un sogno irrealizzabile a meno di non volere perdere del tempo assieme al nugolo di giovani, fidanzati, famiglie numerose, sposini e altra varia umanità allegrissima all’idea di aspettare anche 20 minuti per buttare giù un cappuccino e entusiasta di chiacchierare e confrontare oggetti e scontrini al ribasso. “Io 3,90 un cappello” spiegava uno. “Ah, sì? - rispondeva un altro - io 5 euro un paio di shorts”. Infinita gara al ribasso. Non potevo immischiarmi per timore di perdere tempo e fallire le altre mete che avevo in testa. 

Da un posto all’altro sempre a passo di corsa contro la folla mentre alle mie spalle, passate le 10, si formava un girone dantesco in cui lo spazio pro capite era sempre più stretto, i pacchi sempre più grossi e i persino i fiorai non riuscivano a stare dietro a tutti. Quando hanno cominciato a urlare i bambini e il suono diventava polifonico nello spazio chiuso sono andata riprendermi l’auto e ho visto il serpentone in arrivo, un unico nastro di auto cariche di gente che arrivava senza soluzione di continuità in via Luraghi fino dal casello dell’autostrada per Milano e oltre . Tutti a passo d’uomo. Bè, un motivo in più di buonumore: io andavo verso Varese. In salvo.