Un milione di debiti per San Martino: la chiesa di Bollate rinuncia a un sacrestano

Il prevosto: "Mi rimbocco le maniche". E spiega la crisi ai fedeli che ormai "non fanno più offerte neanche a battesimi e matrimoni"

Il sagrato di San Martino

Il sagrato di San Martino

Bollate (Milano), 18 agosto 2017 - La crisi anche dentro le parrocchie. I bilanci chiusi in negativo l’anno scorso e le banche non fanno più credito, nel 2018 lo scoperto di conto che dava alla Parrocchia San Martino di Bollate una boccata di ossigeno per affrontare le spese ordinarie non sarà più concesso. "Bisogna voltare lo sguardo al 2011 - dice il prevosto don Maurizio Pessina -. Per comprendere le difficoltà che oggi faticosamente affrontiamo".

I conti in negativo hanno un passato. "Sapevo che c’erano 800mila euro da ripianare 5 anni fa al mio arrivo qui - aggiunge il don -. Chi me lo ha fatto fare? Rispondo a Dio e al mio Vescovo, non ai debiti e mi sono rimboccato le maniche". Per non lasciare affondare la nave "abbiamo messo mano alle spese: risparmiando sulle utenze, riorganizzando la scuola materna. Abbiamo pagato il personale finché abbiamo potuto". I tagli toccano tutto: poche lampadine accese in parrocchia, riscaldamento sotto controllo, più sobrietà negli arredi e negli ornamenti liturgici e resta a casa il più anziano dei due sacristi "a maggio scorso non c’erano più risorse per pagare due stipendi".

Ora la parrocchia fa leva sul volontariato. Ad aprile i conti messi in bacheca parlavano chiaro: se i debiti con i fornitori sono diminuiti da 308mila euro nel 2011 a 38mila euro a fine 2016, di pari passo sono cresciuti i debiti con le banche, passati da 118mila euro nel 2011 a circa 500mila nel 2016, mangiandosi in 6 anni poco meno di 50mila euro di interessi. Anche la scuola materna va sostenuta e il bilancio chiude con un negativo di 161mila euro nel 2016 che, aggiunto al rosso (886mila euro) della parrocchia, fa arrivare il buco generale a quota 1 milione.

Don Maurizio spiega tutto ai fedeli, anche a messa: "Il 2012 iniziava con una pesante situazione debitoria ed ereditava una gestione di costi superiore alle possibilità. Nel 2014 è iniziata l’emergenza tetto della chiesa. Le urgenze sono state risolte ma la totale mancanza di fondi non ci consente di avviare altre opere che andrebbero affrontate". C’è la crisi e le offerte diminuiscono (da 336mila euro nel 2011 passano a 287mila nel 2016), ma non solo. "Le nuove generazioni non sono abituate alle offerte e passa la logica del tutto dovuto - dice il prevosto -: per battesimi e matrimoni capita che non si offra più nulla". La cura? "Occorrono tempi lunghi per risanare i conti - conclude don Maurizio -. È indispensabile più condivisione fra i fedeli, una presa di coscienza: la chiesa è di tutti, è una famiglia e per mantenerla viva serve il contributo di ciascuno".