Agitazione "rosa" nel carcere di Bollate. "Chiudete il reparto femminile"

Polizia penitenziaria sul piede di guerra: non ci sono agenti

Il nuovo reparto accoglie 29 detenute in stato di semi-liberta (SPF)

Il nuovo reparto accoglie 29 detenute in stato di semi-liberta (SPF)

Bollate, 8 dicembre 2017 - «Il nuovo reparto detentivo femminile va chiuso». La richiesta, nero su bianco, in una lettera indirizzata al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Centrale porta la firma di un Coordinamento Unitario che riunisce tutte le organizzazioni sindacali di polizia penitenziaria. Il reparto da chiudere è quello aperto lo scorso 5 novembre nel carcere di Bollate che accoglie 29 detenute in stato di semi-liberta. Motivo? stato aperto senza l’invio di nuovi agenti di polizia penitenziaria donne e quindi, secondo i sindacati, sta comportando «gravi violazioni in termini di lavoro e di diritti».

Oggi a Bollate ci soni oltre 133 detenute e 1.100 detenuti uomini. Nel femminile ci sono soltanto 53 agenti donne. Mentre la pianta organica della polizia penitenziaria maschile indica 560 agenti di polizia, nei reparti invece ce ne sono 437. Ora la cronica carenza di agenti nel carcere all’avanguardia per il trattamento dei detenuti, non solo non è risolta ma con l’apertura del sesto reparto si è aggravata. «Il 5 novembre è stato aperto il 6° reparto adibito a detenute in semi libertà, ma contrariamente a quanto promesso e scritto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria centrale non è stato inviato personale di polizia penitenziaria - spiega Michele Di Sciacca, portavoce del Comitato - al contrario è stato assegnato personale di polizia penitenziaria femminile in strutture penitenziarie dove non c’è un reparto detentivo femminile, come per esempio a Monza o dove ci sono già agenti di polizia donne sufficienti, come nel carcere di Milano Opera».

I sindacati  puntano il dito contro chi prende le decisioni a Roma senza conoscere le realtà delle carceri. Ricordano che la conseguenza di questa «scellerata scelta» è una diminuzione di sicurezza per il personale, elevati carichi di lavoro, difficoltà nella compilazione del servizio programmato, prolungamento della giornata di lavoro anche oltre l’orario consentito. «Non siamo mai stati contrari alla vigilanza dinamica - dichiara Pompeo Bruno, sindacalista - ma devono essere garantite le condizioni di sicurezza e di lavoro agli agenti di polizia penitenziaria. È stata fatta una scelta sbagliata, adesso nel mese di dicembre bisogna garantire i riposi e le festività, ma sarà difficile, qua le donne agenti non hanno le stesse opportunità degli uomini». Dopo settimane di corrispondenza con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria centrale, considerato che nulla è cambiato, le organizzazioni sindacali hanno deciso di proclamare lo stato di agitazione, denunciare quello che sta succedendo ai mass media e nei prossimi giorni organizzeranno un sit in di protesta davanti al cancello d’ingresso del carcere. «Coinvolgeremo anche i politici affinché la questione arrivi al Ministro e in parlamento», concludono i due rappresentanti sindacali.