Bollate (Milano), 9 febbraio 2014 - La polizia postale ha cancellato dal profilo Facebook di G., la bionda con la tuta grigia, tutti i contenuti relativi al video del pestaggio. La sua vittima, Simona (nome di fantasia), la quindicenne mora che sarebbe intervenuta in difesa di un’amica, da un paio di giorni non va a scuola. È sotto choc, indossa un collarino al collo. Pare che i familiari siano intenzionati a cambiare istituto scolastico. Ma lei, intanto, dal suo pc posta foto e risponde ai commenti sull’accaduto.

È un fatto della vita reale, quello che è successo mercoledì pomeriggio davanti all’Its Primo Levi di Bollate, hinterland milanese, un episodio di violenza al femminile decisamente preoccupante, che da giorni è viralmente ripreso sul web in tutta Italia. Dopo la denuncia della scuola, dei genitori della ragazzina picchiata e di decine di altri genitori e cittadini, i militari della Tenenza di Bollate hanno identificato tutti i minorenni presenti al momento del pestaggio. Dai racconti reali e dai commenti sul web emergono nuovi elementi. Spintoni, calci e insulti sono la parte finale di una discussione iniziata il giorno prima.

Le due ragazze si erano date appuntamento per «chiarire», su Ask, un social network molto frequentato dagli adolescenti e la notizia era arrivata anche ai compagni. Ecco il perché del grande pubblico sul luogo del pestaggio. Non solo. Sempre sul web spunta anche un secondo video di una decina di minuti, una telefonata con Simona e la zia, dalla quale emergono altri particolari. Ancora più inquietanti. La vittima, intervistata telefonicamente da un giornalista, racconta che G. martedì pomeriggio intorno alle 14 è stata accompagnata davanti all’Its Levi di via Varalli dalla madre, la quale dopo la lite si sarebbe complimentata con la figlia.

La zia aggiunge: «Simona ha taciuto per paura di ritorsioni e minacce da parte delle amiche della ragazzina che l’ha picchiata». Ed ancora alla fine della conversazione racconta che la bionda avrebbe picchiato un’altra ragazza che ha cercato di difenderla. Accuse e dettagli che ora sono al vaglio degli inquirenti. Perché se è grave che una decina di ragazzini minorenni abbia assistito alla scena del pestaggio senza intervenire (nei confronti dei dieci ci sono denunce per omissione di concorso e favoreggiamento) è ancora più grave la presenza della madre di G.. Intanto su Facebook i ragazzi si dividono sulle responsabilità delle due ragazze. C’è qualcuno che addirittura giustifica la violenza della bionda, altri invece la insultano. Molti difendono Simona e le inviano messaggi di solidarietà. Ma sembrano tutti d’accordo nel condannare chi ha ripreso la scena, urlato, incitato e sorriso: «Una vergogna, fate schifo», scrive Marco.

Non solo Facebook, anche su Ask i commenti hanno lo stesso tono. I cyber-bulli cliccano da un social network all’altro per non perdere nulla di questa vicenda. E per dire come la pensano. Anche la scuola di via Varalli, quartiere popoloso di Bollate, un centinaio di classi, sta usando la rete per spiegare che l’accaduto non a nulla a che vedere con la realtà quotidiana, «questa scuola ha una storia ricca di persone che nel loro piccolo hanno cercato di cambiare il mondo. Non è giusto fare di tutta l’erba un fascio e non è giusto incolpare la scuola della maleducazione dei ragazzi di oggi (i motivi sono ben altri)».

roberta.rampini@ilgiorno.net