Bollate (Milano), 8 febbraio 2014 - Una abita a Cascina del Sole, frazione della città. L’altra ai confini di Senago. Frequentano la prima una scuola cattolica di Monza, la seconda una scuola pubblica a Bollate. Il punto d’incontro fra le coetanee protanoniste del pestaggio  di martedì, poi rimbalzato sul web, è il quartiere di via Turati. La quindicenne vittima del raid punitivo avvenuto davanti ai cancelli dell’Itc Primo Levi sarebbe stata picchiata per essersi messa di mezzo. Per aver fatto da paciere fra due rivali in amore. L’amica della studentessa di via Varalli da qualche tempo frequentava l’ex di un’altra. Gli insulti fra le due ragazze erano partiti qualche giorno prima in rete, i toni accesissimi in pochi post sono diventati minacce. Il pestaggio fuori da scuola martedì era stato annunciato. Inaspettate, invece, le conseguenze che ha provocato. Il video rimbalzato sui cellulari (nonostante sia scomparso dalla rete) sta facendo il giro dentro e fuori i confini del Paese. L’indignazione è incontenibile.

Ieri mattina un cartello è stato appeso fuori da cancelli dell’istituto. «Alla bestia-bionda che su Facebook è la G.: oltre a essere brutta come la morte, sei anche stolta. Avete postato un video dove picchi una ragazza inerme, sei stata denunciata alle autorità (e sei derisa da tutto il web). Cancellare il video ora non servirà a nulla perché è già nelle mani della Polizia postale (e partirà una denuncia penale). Stolta!». Accanto un sacchetto conteneva escrementi d’animali. La vittima del pestaggio, S., da quel giorno non è più tornata in classe. «La porto via di qui», avrebbe dichiarato il padre al telefono di una emittente televisiva prima che scoppiasse il putiferio.

Sempre ieri mattina in via Varalli un’assemblea a porte chiuse ha riunito gli studenti, i docenti, i rappresentati d’istituto. Tutti hanno condannato il branco. «Se i partecipanti saranno individuati tra i nostri studenti, prenderemo provvedimenti», ha detto la vicepreside. S. mercoledì è crollata e si è confidata con la sua insegnante che ha allertato la presidenza, i genitori della ragazza, i carabinieri. A centinaia hanno individuato l’account (molto probabilmente falso) di Facebook di G., la bionda che ha usato le mani. A valanghe sono partiti per lei gli insulti. «Fai schifo come persona». «Ti strapperei quei quattro capelli finti che te trovi appiccicati in testa! Devi pagare, te e quelle quattro sgallettate delle tue amiche». Offese, insulti, volgarità e minacce di morte, il popolo di Facebook non ha trattenuto nulla. Lei però, la furia bionda, non si pente. Più aggressiva che mai risponde su Ask.com: «Se non faceva la buffona e se ne stava zitta tutto questo non succedeva».

monica.guerci@ilgiorno.net