Settimo Milanese, 20 novembre 2013 - «No, questa non è stata una rapina. Altro che. Volevano fargli del male... La verità è che volevano fargli del male...» La signora Laura è la moglie di Franco Cangini, l’imprenditore ucciso da due killer ieri mattina all’alba nel suo capannone di materiali ferrosi a Seguro, in via Sabin. È ancora troppo presto per avere metabilizzato il dolore, forse non si rende ancora conto di avere perso il marito.

Più forte è la rabbia. «Questo è il risultato. Anni e anni di furti e rapine, di gente che gli ha dato fastidio, lo ha picchiato, lo ha derubato. E noi a far denunce e non abbiamo mai concluso niente... e adesso l’hanno ammazzato.»

Ma chi sono quelli che gli volevano male? «Stranieri, zingari, quelli che rubavano la roba e poi volevano che mio marito gliela comprasse. E lui invece li cacciava via in malo modo. Certo, lui aveva il suo bel carattere... e per questo che gliel’hanno fatta pagare...».

Ma questa volta non sembra siano stranieri. Anzi sono italianissimi. «Parlavano con un accento meridionale» incalza il giovane Mario, presente al momento della rapina. «Il signor Franco mi ha assunto la settimana scorsa, 1.100 euro al mese più i contruibuti, chi è che assume più così... e lui mi ha assunto. Era così... voleva fare del bene...».

Un commercio, quello dei materiali ferrosi, che mette a contatto troppo pericolosamente ladri, ricettatori, gente onesta e gente che non sa nemmeno cos’è la legalità. «Lui ha cominciato così, lavorava col padre, andava in giro a raccogliere ferro e poi a poco a poco ha messo qualcosa da parte e si è fatto il capannone. Adesso compra e poi rivende alle ditte», continua Mario.

E questo può bastare per spiegare un omicidio? «Volevano fargli del male...» continua a ripetere ossessivamente la signora Laura. «Avevo già accompagnato mia figlia a scuola e stavo andando al lavoro quando mi hanno chiamato e sono corsa qui. Lavoriamo da una vita e questo è il risultato. Mio marito si alzava ogni mattina alle 5 e io, dietro di lui, per 800 euro al mese... faccio la barista alla Bocconi. Facciamo sacrifici, abbiamo il mutuo da pagare. non siamo ricchi. Eppure...». Il rancore è contro tutti e contro tutto. «Contro chi non riesce a garantire la sicurezza, chi mette fuori i delinquenti, chi non arresta i balordi e li lascia in giro...».

Per miracolo le è rimasto il figlio 21enne. «Si è messo in mezzo, ma avrebbero ammazzato anche a lui...» riprende il testimone. Poi Mario racconta la dinamica dell’agguato: «Prima arriva ogni mattina il titolare col figlio, lui rimane chiuso all’interno, e il figlio viene a prendere me a casa e torniamo al capannone. Così è successo anche stamattina. Igor ha aperto il cancello con il telecomando e mentre si apriva sono entrati quelli con la Citroen grigia,. Sembravano clienti che aspettavano per vendere e infatti l’auto è stata posteggiata dove c’è la pesa....». Certo che un omicidio e un ferimento sembrano troppo per una rapina che non è nemmeno stata portata a termine. Un’incursione sanguinaria, crudele, esagerata.

Due semiautomatiche per mettere paura a un cinquantenne e a suo figlio? E nessuna esitazione a premere il grilletto? Forse ha ragione la signora Laura: «No, non è stata una rapina...». Il mondo che ruota attorno allo smaltimento dei rifiuti e ai materiali ferrosi non è sempre cristallino. Circolano soggetti poco raccomandabili, Bande bene organizzate che vivono esclusivamente di furti e ricettazione. E in qualche caso anche la vittima era rimasta impigliata in una brutta storia che gli era costata una denuncia.
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