Senago, 20 aprile 2011 - Sei giorni dopo lo scioglimento del consiglio comunale provocato dalle dimissioni di 12 consiglieri su 20, l’eco di questo terremoto politico non si è ancora placato. La scelta della Lega di unirsi alla minoranza per mandare a casa sindaco, assessori e consiglieri - provocando la nomina del commissario prefettizio Anna Aida Bruzzese - era nell’aria da tempo, ma il colpo definitivo è stato dato giovedì sera durante l’ultimo agitato consiglio.

Aria pesante nella maggioranza era emersa però anche lo scorso anno con un «valzer» di assessori. Altri momenti critici un mese fa con le dimissioni dal consiglio di amministrazione dei due consiglieri della Multiservizi di aria leghista, Giuseppe Colicchio e Omar Maniero e successivamente con il parere contrario al bilancio espresso in giunta dall’assessore leghista Valerio Mantovani e quello di Alleanza per Senago, Angelo Rega. A Franca Rossetti, ex sindaco chiediamo di far luce su quanto è accaduto e di abbozzare un’analisi su questa crisi.

Quando ha capito che le stavano preparando la «trappola»?
«Ci sono troppe cose che fanno riflettere. La richiesta della convocazione di un consiglio comunale per valutare la conduzione dell’Azienda Multiservizi da parte delle liste civiche di opposizione è arrivata in Comune esattamente assieme alle dimissioni di due componenti del cda della stessa azienda.

La Lega, in base alla sua mentalità, avrebbe potuto contestare il sindaco e il Pdl e insieme al Pd probabilmente sarebbe uscita una mozione di sfiducia al presidente Francesco Giacobbe e l’assessore al bilancio Gianni Amitti. Poi su richiesta del capogruppo del Pd, Gianfranco Pepe, si sarebbe discusso dei giovani dell’associazione Erbamatta, presentando una mozione di sfiducia anche contro l’assessore ai servizi sociali Giuseppe Sofo. A questo punto ci stava anche il voto di sfiducia contro di me. In base allo statuto il consiglio non sarebbe decaduto e il vice sindaco Riccardo Pase avrebbe preso il mio ruolo fino all’arrivo del commissario che avrebbe avuto la supervisione sulla giunta e il consiglio ancora in carica consentendo a Pase di rimanere al suo posto fino alla fine del mandato».

Cosa non ha funzionato in questo piano?
«Io, in maniera imprevista, ho fatto le comunicazioni sull’edilizia a Senago e sugli interessi dei consiglieri e del vice sindaco. Poi ho parlato delle vasche di laminazione. Tutti erano in imbarazzo perché di questi argomenti non frega nulla a nessuno, ma essere additati in pubblico ha dato fastidio. Da lì è cambiato l’obiettivo. Se si deve mandare a casa il sindaco servono le dimissioni di almeno 11 consiglieri.

Per questo ci hanno messo più di un’ora per decidersi. La Lega ha dovuto chiedere l’autorizzazione a Milano, confermando che la questione delle vasche è un tema saliente. Ormai non potevano più tornare indietro, perché se io fossi rimasta in carica il giorno dopo avrei convocato la giunta per fare ricorso contro le vasche e la Lega non poteva più giustificare un rinvio. Sono appalti e impegni promessi e già partiti da tempo con valori economici in gioco molto alti e dà fastidio che il sindaco si metta di traverso».

E l’opposizione cosa pensava delle vasche?
«Se a loro fosse realmente interessato, anziché fare comitati per gettare fumo negli occhi, avrebbero convocato un consiglio comunale urgente. Così facendo avrebbero messo in difficoltà la Lega. Invece hanno chiesto due consigli comunali urgenti su argomenti molto meno importanti».

C’è chi dice che la crisi di Senago sia legata alle elezioni di Milano. Cosa ne pensa?
«A Milano la Lega rivendica la poltrona di vice sindaco per Matteo Salvini che è il referente della corrente di Riccardo Pase. Non è escluso che per mantenere alto il tiro sul Pdl e contro Riccardo De Corato, la Lega provinciale utilizzi la questione di Senago come elemento d’intimidazione per sollecitare la risposta del Pdl su Salvini vicesindaco».