Arese, 30 ottobre 2010 - Il centro commerciale Giada rischia di diventare un contenitore vuoto. Modello sperimentale di architettura urbana degli anni ‘80, il Centro fu progettato come spazio aperto, quello che viene definito un centro commerciale naturale con negozi di vicinato. Oggi, invece, invoca riqualificazione. La struttura da diversi anni corre il rischio che il degrado si trasformi in vero abbandono delle attività commerciali. Quelle rimaste sono al piano terra, al primo piano, dove un tempo c’erano solo vetrine illuminate, ci sono pochi uffici, il medico, il dentista. Realizzato in una zona della città facilmente accessibile, lungo viale dei Platani, con una piazza esterna e circondato dal verde ha enormi potenzialità tuttora inespresse. Il problema del degrado ha interrogato le diverse amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo e, spesso torna di attualità, ma poi tutto si rimette a tacere.

Intanto Arese lamenta la cronica carenza di negozi, secondo i cittadini: "Sono pochi", "Non c’è scelta", "Sono cari"  e "Si compra meglio altrove". E ancora: "A Milano c’è più concorrenza e i negozi offrono prezzi più bassi. Qui non compro niente è tutto troppo caro, non vado nemmeno dal fiorista", dice Walter Pirola, pensionato. Ma i commercianti rispondono. "Il centro va rivalutato è interesse di tutti, cittadini compresi - spiega Vanessa Girani, presidente di AssoGiada la neonata associazione che raggruppa i commercianti del Giada e che punta all’organizzazione di eventi per non lasciare morire il Centro -. Sono ancora in molti quelli che non ci conoscono, vogliamo animare la piazza e richiamare la cittadinanza in quello che resta il solo vero spazio commerciale della città". Secondo Marco, titolare dell’unico bar rimasto quel che occorre è: "Un bel restauro. Venticinque anni fa, questo posto rappresentava la novità per tutta l’area e l’attività andava al massimo, da dieci anni a questa parte invece è diventata molto dura". Camminando lungo il corridoio, sul quale si affacciano le vetrine, si incontrano poche persone. "Dicono che questo posto sia morto, invece ci sono negozi interessanti, da rivalutare, certo andrebbero riaccese anche le vetrine spente"commentano Daniela Campigotto e Luisa Molinari dal loro laboratorio artistico. "L’atmosfera che si respira è di abbandono, c’è poca scelta", dice Jolanda Martini che nonostante tutto da vent’anni si serve qui per le sue compere.

"Aprono e chiudono dall’oggi al domani molte attività. Ma il lavoro del commerciante è duro, non c’entra la crisi, è un lavoro che non si può inventare",  afferma Zulma Ferretto Clemente che la saracinesca della sua gioielleria la tiene alzata da 14 anni. "Il degrado è visibile da tutti, mancano molte tipologie di negozi. Nonostante questo riusciamo a lavorare", dice Laura Cielo, parrucchiera che da poco tempo è arrivata in viale dei Platani. "Questo posto non è valorizzato bisognerebbe ridargli la vocazione pubblica e meno quella privata. C’è una piazza, il verde ma non è un luogo vissuto dai cittadini - commenta Alessandro Gnerre, dal negozio di telefonia - Fare interventi di riqualificazione è troppo costoso il vero aiuto dovrebbe arrivare dall’amministrazione comunale".