Coppia dell'acido, modi e azioni da piccoli mafiosi "ma erano semplici passeggiate"

Dalla testimonianza del terzo uomo un quadro di “banale” violenza di Marinella Rossi

 A sinistra Andrea Magnani in tribunale scortato da carabinieri e agenti di custodia

A sinistra Andrea Magnani in tribunale scortato da carabinieri e agenti di custodia

Milano 24 settembre 2015 - Pedinano, inseguono, si appostano. Verbi fastidiosi per Andrea Magnani, il bancario tuttofare dei Boettcher-Levato. Pedinare è tutt’al più «affiancare», e un sopralluogo è una «passeggiata». Basi? Scappare? «Ma che dice, dottor Musso...», il pm Marcello Musso. Della banda scarnificatrice ricostruisce dettagli che ne elidono ogni responsabilità propria, ma insieme rendono un paesaggio fosco di guerrieri della notte, privi di movente politico, che adattano gesti a modi e sapienze criminali ed eversive, come i mafiosi, come fecero i brigatisti. Non sarà un caso che al pubblico ministero - assiduo dei processi di mafia - con un brillante lapsus scappa un riferimento al «416 bis» (che nel codice sta per associazione mafiosda), qui persino strappando un sorriso lieve e amaro al teste imputato in procedimento connesso. Magnani.

Gli sbandati dell’acido non hanno ideali né interesse di lucro. Si muovono sulle strategie di Alexander, per punire quelli con cui Martina ha fatto sesso e punire pure lei che, spargendo acido tra facce conosciute, finirà in galera. Strategia di Boettcher, esecuzione di Levato, e logistico affidato al Magnani. Che però non sa. Eppure della banda acida ne sa di cose. Su piazza a Milano almeno dall’1 novembre fino al 28 dicembre 2014. Dall’agguato a Stefano Savi, vittima per errore, fino alla purificazione massima del ragazzo che osò interferire nell’amor sadico tra Martina e Alexander, Pietro Barbini. L’1 novembre 2014: Alex e Martina «mi chiamano alle 4 di notte da sotto casa mia». Lui scende e loro, sull’auto di Boettcher, se lo portano in zona Niguarda. Via Postumia. «Martina, felpa, cappuccio nero e tuta, con la stessa tracolla nera a scritte rossa che userà per portare l’acido contro Barbini, scende e si infila in una via privata». Via Quarto Cagnino, dove abita Stefano Savi. «Alex mi spiegò che lei doveva trovare un testimone della violenza sessuale da lei subita il 19 maggio»: quella per cui invece Martina risponde di calunnia ai danni di Antonio Margarito, dunque violenza inventata, ma questo Magnani non lo sa. Aspetta aspetta, il ragazzo - gli dice Boettcher - deve tornare dalla discoteca. Ma dopo un po’, Alex «scende, fa qualche passo verso via Cagnino, lo perdo di vista qualche attimo, torna». Alla fine torna anche Martina «trafelata, come se avesse corso e - a differenza di quanto dissi in passato, per errore - è lei a dire “abbiamo sbagliato persona”. Subito Alex si volta verso di lei e cambiano argomento».

E poi? Stefano ha già la faccia divorata, ma Magnani mica se lo immagina, e il giorno dopo va fuori Milano. Senza farsi domande. Senza farsi domande, il 20 ottobre al Divina, lui entra con Martina nel privè per rintracciare - ancora - il ragazzo che deve testimoniare, ma in realtà si cerca Giuliano Carparelli perché ha fatto sesso veloce con Martina fuori del Divina tempo prima. «Là fu Alexander a sbagliare, confondendo Carparelli (rintracciato in una foto, ndr) con Savi. Martina «vede Carparelli nel privè, aveva una catena argentea, mentre Alexander, fuori, crede di averlo visto uscire e ci chiama, ma quello uscito era Savi» che a Giuliano assomiglia. Parte l’inseguimento. «Aveva un’utilitaria scura, lo affiancammo fin sul circonvallazione» (e qualcuno prese la targa). E quando si arriva alla fine a Giuliano, l’impegno speso in campo è da sopralluoghi da anni di piombo. Dopo il 15 novembre (quando il giovane sfugge all’acido perché piove) «abbiamo fatto diverse passeggiate tra via Poerio e via Nino Bixio». Le chiama passeggiate, il re degli eufemismi.

di Marinella Ross