Vasche per il Seveso, ecco i ricorsi. Senago e Bollate pronte alla battaglia

L’obiettivo è bloccare la costruzione dell’opera anti esondazione

Tanti i disagi provocati dalle esondazioni

Tanti i disagi provocati dalle esondazioni

Bollate (Milano), 4 luglio 2015 - C'era da aspettarselo. Era questione di tempo. E in effetti i ricorsi annunciati sono stati depositati: i Comuni di Senago e Bollate si sono rivolti rispettivamente al Tribunale superiore delle acque pubbliche e al Tar della Lombardia per bloccare la realizzazione delle vasche anti piene del Seveso nel territorio di Senago. Opera ritenuta strategica sia dalla struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico che dall’Agenzia interregionale per il bacino del Po (responsabile del procedimento). Opera indispensabile per ingabbiare il torrente maledetto, che solo nel 2014 ha allagato per otto volte il quartiere di Niguarda spingendosi in più di un’occasione fino all’Isola e alla stazione Garibaldi. Opera che si inserisce nel piano di messa in sicurezza che prevede pure la costruzione di altri tre bacini di laminazione tra Lentate, Paderno-Varedo (nell’area in parte bonificata dell’ex Snia) e Milano (al Parco Nord), la pulizia del canale interrato del fiume (ormai conclusa) e la depurazione delle acque mediante ammodernamento della rete fognaria in una dozzina di Comuni dell’hinterland. Adesso, a pochi giorni dalla pubblicazione del bando per l’assegnazione dei lavori, ecco i ricorsi – notificati in realtà a metà maggio alle istituzioni coinvolte – che rischiano di bloccare i cantieri. «Stavolta non ci fermeranno», aveva affermato lo scorso ottobre il delegato del Governo Erasmo D’Angelis, facendo leva sulle nuove regole introdotte dal decreto Sblocca Italia per blindare gli interventi considerati strategici. Stesse rassicurazioni arrivano ora da fonti vicine al dossier Seveso, che garantiscono il rispetto dei tempi fissati dal cronoprogramma (operai in azione a fine settembre-inizio ottobre per i due invasi di Senago) e confermano la bontà delle procedure fin qui portate a termine, dalle Conferenze di servizi all’iter per la Valutazione d’impatto ambientale (la cosiddetta Via impugnata dal Comune di Bollate). In ogni caso, bisognerà battagliare in aula per avere il via libera del giudice amministrativo.

Una cosa è certa: a fermare le ruspe non saranno i reperti rinvenuti durante i carotaggi ordinati dalla Soprintendenza per i beni archeologici. Nei dintorni dell’area interessata dai lavori sono stati infatti intercettati alcuni frammenti di ceramiche risalenti al Neolitico. Niente di rilevante: «Sarebbe stato peggio – fa sapere un tecnico – se ci fossimo imbattuti in una necropoli: il problema è stato già superato». Come? A quanto si apprende, la Soprintendenza ha deciso che in corrispondenza dei ritrovamenti gli scavi dell’azienda che si aggiudicherà l’appalto verranno seguiti pure da una ditta specializzata. Insomma, si va avanti. Tar permettendo.