Ad Arese gli ex operai Alfa e Innova rimasti a piedi

Nuova pista inaugurata, dopo le auto sfila la rabbia

Dietro lo striscione dello Slai Cobas, ex tute blu Alfa Romeo e Innova Service: c’è chi ha perso cause di reintegro, chi invece le ha vinte senza però riavere né l’impiego  né i soldi

Dietro lo striscione dello Slai Cobas, ex tute blu Alfa Romeo e Innova Service: c’è chi ha perso cause di reintegro, chi invece le ha vinte senza però riavere né l’impiego né i soldi

Arese (Milano), 8 giugno 2015 - "Io ho lavorato anche sulla pista di collaudo. Facevo il mangiachilometri, dovevo provare i prototipi delle auto prima del collaudo finale. Poi venivano mandate a Torino". La pista di collaudo non è più la stessa, Benedetto Andriotta, 54 anni, di Milano, ex operaio dell’Alfa Romeo, guarda quella nuova con nostalgia e rabbia. Lo scorso 19 maggio davanti al giudice del Tribunale di Milano ha rifiutato per la seconda volta i soldi offerti dalla Fiat per conciliare e chiudere definitivamente il rapporto di lavoro iniziato nel 1988 quando nello stabilimento si producevano 480 auto al giorno. Ha perso la causa civile contro Fiat "e ora devo pagare anche le spese processuali. Una beffa. Ero anche disponibile a trasferirmi a Torino", racconta l’operaio mostrando la sentenza, il suo libretto di lavoro, le buste paga e il testo dell’Accordo firmato dalla Fiat con il Ministero del Lavoro in base al quale nessuno degli operai, alla fine della cassa integrazione, sarebbe rimasto in mezzo alla strada. Si impegnava a ricollocare tutti gli operai aresini negli stabilimenti del Gruppo in provincia di Milano. Benedetto è uno degli "esclusi", delle ex tute blu che ieri mattina hanno protestato davanti alla nuova pista di collaudo realizzata nell’area dell’ex Alfa Romeo.

Il giorno dopo il taglio ufficiale del nastro e dei discorsi delle autorità, domenica mattina ha "sfilato" l’altra faccia del processo di riqualificazione e reindustrializzazione dell’area da due milioni di metri quadrati. Nel piazzale dove erano in mostra Ferrari e auto storiche con il marchio Alfa Romeo, c’è stata una protesta pacifica di un gruppo di ex operai della Fiat, ex operai dell’Innova Service e delle altre aziende che si sono insediate nell’area ma poi hanno chiuso i battenti e licenziato le tute blu. "Siamo i superstiti di quest’area, nonostante gli accordi nessuno si occupa di noi, le istituzioni ci hanno abbandonato, eppure in quest’area i posti di lavoro ci sono", spiega Carmela Salma, ex operaia Innova Service licenziata nel febbraio 2011, ancora in mezzo alla strada nonostante due sentenze a favore. Tra di loro Anna Cuzzilla, ex tuta blu Innova, che rischia di perdere anche la casa: "Ho un atto di pignoramento dell’appartamento perché da mesi non sto pagando le spese condominiali, mi avevano dato sei mesi per pagare gli arretrati, ero sicura di farcela perché avevo accettato il famoso Protocollo Pavone e invece non si è fatto vivo nessuno. È vergognoso. Avevano messo a disposizione dei soldi per i lavoratori, ma non li ha ancora visti nessuno". Anna da mesi bussa in Comune a Rho e Arese per chiedere un aiuto ma non ha ricevuto risposta. "Abbiamo mandato i curricula per i colloqui d’assunzione al centro commerciale, ma nessuno è stato convocato, non ci vogliono", denuncia un’altra ex tuta blu.

Tutti gli ex operai dell’Innova Service lo scorso 3 aprile, ormai alla fame dopo quattro anni senza lavoro né stipendio, avevano accettato di aderire al Protocollo Pavone che prevede percorsi di ricollocamento e un indennizzo economico, ma "sono passati due mesi e non abbiamo saputo nulla - spiega Renato Parimbelli, delegato sindacale dello Slai Cobas - ci hanno preso in giro, avevamo sospeso le proteste in cambio di una soluzione per tutti, ma visto che non mantengono gli impegni nelle prossime settimane riprenderemo la battaglia e questa volta in modo permanente".