Omicidio Garlasco, riparte il processo infinito. «Al setaccio la camminata di Stasi»

I dubbi sul percorso fatto dal ragazzo attorno al cadavere di Chiara. Secondo gli esperti nominati dalla Corte la probabilità di non intercettare sangue nello spazio angusto fra la porta e i due gradini è pari a 16 o a 13 su un miliardo di Gabriele Moroni

Una delle immagini allegate alla consulenza di parte civile nel processo per l'omicidio di Garlasco

Una delle immagini allegate alla consulenza di parte civile nel processo per l'omicidio di Garlasco

Garlasco, 7 ottobre 2014 - A trentuno anni, l’aspetto è rimasto quello di quando la sua immagine divenne familiare a milioni di italiani: minuto, raccolto, aria da bocconiano modello. Alberto Stasi tornerà domani al Palazzo di Giustizia di Milano per la replica del processo di secondo grado disposta dalla Cassazione. Due volte assolto, rimane l’unico e storico imputato dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, massacrata nella sua villetta di Garlasco il 13 agosto del 2007. Omicidio violento, rapido, non più di tre minuti per un assassino che brandiva un martello da carpentiere o un martello normale che calava sul capo della vittima.

Davanti alla prima Corte d’Assise d’appello si ricomincia dalle nuove perizie. Si riparte da quello che è da sempre il fulcro dell’enigma di Garlasco: la camminata di Stasi nello scenario insanguinato dell’abitazione di Chiara, il soggiorno, la porta a soffietto della cantina, i primi due gradini della scala, scesi per scorgere il corpo insanguinato della fidanzata, la risalita, l’uscita. Le scarpe che aveva ai piedi rimaste immacolate.

L'accusa ha formulato da tempo la sua ipotesi: Stasi ha ucciso Chiara la mattina prima delle 9.36 (quando, a casa sua, ha avviato il computer su cui redigeva la tesi di laurea), si è disfatto delle scarpe sporche di sangue, è tornato nel villino della famiglia Poggi attorno alle 13.30, ha inscenato il ritrovamento. Gli esperti nominati dalla Corte (il medico legale torinese Roberto Testi e i bolognesi Gabriele Bitelli e Luca Vittuari) hanno ripercorso la camminata di Stasi, allugandola a quei due gradini. Le conclusioni.

Era quasi impossibile evitare le chiazze ematiche. Se si considera un percorso di 8 passi in più, che termina al primo gradino della scala, la probabilità di scansare il sangue è dello 0,00000316% nel caso che la camminata virtuale venga fatta iniziare con il piede sinistro e dello 0.0000013% con il destro. Sono state effettuate in tutto un milione e 350mila simulazioni. La probabilità di non intercettare sangue nello spazio angusto fra la porta e i due gradini è pari a 16 o a 13 su un miliardo. Le scarpe. Per i periti «si è evidenziato che dopo aver calpestato delle macchie di sangue sia umide che secche, le suole delle scarpe hanno captato particele ematiche tanto da risultare costantemente positive al Luminol nelle diverse posizioni». Non solo. In tutti i test le suole «sono state in grado di trasferire parte del materiale ematico ai tappetini dell’auto calpestati sperimentalmente ». Cosa che non è avvenuta per i tappetini della Wolkswagen Golf sui cui Stasi, una volta uscito, è risalito per raggiungere la stazione dei carabinieri di Garlasco.

Tesi e antitesi. Inconciliabili. Destinate a cozzare fra loro in aula. «Le macchie di sangue – replica l’avvocato Fabio Giarda, uno dei difensori – erano ormai secche. Tanto che i primi carabinieri entrati in casa Poggi non hanno lasciato impronte. Anche la perizia di primo grado concludeva che, come captavano, le calzature erano in grado di rilasciare. In un test su quattro la camminata sul sangue secco non ha rilasciato particelle. Il fatto è che le scarpe di Alberto sono state sequestrate diciannove ore dopo e i tappetini dell’auto una settimana dopo».