Omicidio Garlasco: "Giustizia, ma non su un innocente. Assolvete Stasi, non avete prove"

«Anche noi vogliamo la giustizia, ma non sulla testa di Alberto Stasi». Il professor Angelo Giarda scandisce le parole mentre inizia la sua arringa in difesa di Alberto Stasi, da sempre unico indagato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007 a Garlasco. I colpevoli sono altri di Gabriele Moroni

Alberto Stasi (Ansa)

Alberto Stasi (Ansa)

Milano, 4 dicembre 2014 - «Anche noi vogliamo la giustizia, ma non sulla testa di Alberto Stasi». Il professor Angelo Giarda scandisce le parole mentre inizia la sua arringa in difesa di Alberto Stasi, da sempre unico indagato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007 a Garlasco. I colpevoli sono altri.  Il penalista stigmatizza indagini che definisce unilaterali, fa i nomi di persone della cerchia amicale e parentale di Chiara che quel giorno si trovavano a Garlasco. Non ci sono prove: Alberto Stasi va assolto per non avere commesso il fatto. Un Dna maschile diverso da quello di Stasi sotto le unghie dela vittima. La testimonianza di una vicina di casa di Chiara. La camminata di Stasi sulla scena del delitto, fra le macchie di sangue. Per quasi dieci ore la difesa (con Giarda, il figlio Fabio, Giuseppe Colli, Giada Boccellari) si attesta su questi capisaldi.

Le unghie. Sono stati esaminati nove reperti ungueali di Chiara Poggi. Secondo la difesa, è emersa una traccia di Dna maschile diverso da quello di Alberto Stasi.

La testimonianza. Quella mattina, Manuela Travain, vicina di Chiara, riceve una telefonata alle 9.23 mentre si trova ancora nella sua abitazione di Garlasco.  Esce in auto subito dopo e transita davanti al villino dei Poggi. Nota una bicicletta nera da donna. Il cancelletto è aperto. La finestra della cucina è chiusa, ma verrà trovata aperta da soccorritori e carabinieri. Chi può averla aperta? Non l’assassino: le impronte di suole a pallini insanguinate non sono impresse sul pavimento della cucina. Può essere stata soltanto Chiara che quindi era ancora viva al momento del passaggio della vicina Travain in auto. Alberto Stasi accende il suo pc alle 9.35. L’ex bocconiano avrebbe avuto allora solo una decina di minuti (fra il passaggio della Travain e l’accensione del computer) per raggiungere l’abitazione della fidanzata e ucciderla. 

La camminata e le scarpe di Stasi. Alberto non ha nai negato di avere calpestato le macchie di sangue, ma per i difensori è comunque possibile l’evitamento «inconsapevole».  Il punto è un altro. Le macche ematiche erano secche e anche i nuovi periti riconoscono che il calpestamento non ne avrebbe modificato la conformazione. Era in gran parte secca la grande macchia davanti alla porta della scala della cantina dove Stasi, grazie alla luce accesa, scorse il corpo di Chiara. Secche le tracce sui primi due gradini, raggruppate, che lasciavano ampi spazi intonsi. E poi, se anche le scarpe di Stasi si fossero sporcate, si sarebbero ripulite con il trascorrere delle ore (ben venti prima che venissero sequestrate) per effetto del normale strofinamento su altre superfici, a cominciare dal prato dei Poggi, quando Alberto uscì dalla casa. 

La bicicletta di Stasi. Sui pedali è stato trovato il dna (non sangue) di Chiara. Non erano i pedali originali. Nessuna, ribatte la difesa, delle biciclette di quella marca, uscite da quel rivenditore di Garlasco, era uguale al modello in catalogo.  I presunti graffi sull’avambraccio sinistro di Stasi sono stati definiti «inesistenti» dai difensori.

gabriele.moroni@ilgiorno.net