Donna segregata e morta denutrita, i vicini in procura: "Anni di pianti e urla inascoltati"

Avevano sentito le urla e i lamenti. Ma sembra che, almeno recentemente, avessero ritenuto inopportuno segnalare alle forze dell’ordine quanto accadeva nell’appartamento accanto ai loro. Il perché è un nodo da sciogliere forse più umano che giudiziario di Nicoletta Pisanu

La polizia in azione (Torres)

La polizia in azione (Torres)

Pavia, 31 gennaio 2015 - Avevano sentito le urla e i lamenti. Ma sembra che, almeno recentemente, avessero ritenuto inopportuno segnalare alle forze dell’ordine quanto accadeva nell’appartamento accanto ai loro. Il perché è un nodo da sciogliere forse più umano che giudiziario. Ieri mattina, sei residenti del palazzo al civico 96 di via Tasso a Pavia sono stati sentiti in Procura come persone informate dei fatti. Sono alcuni dei vicini di casa di Laura Carla Lodola, la donna di 55 anni arrivata a pesare quindici chili, trovata lunedì agonizzante nel suo letto e morta mercoledì in seguito alla cancrena e alla forte debilitazione. Molti di loro, non avevano mai visto in volto Lodola, che si pensa non uscisse dall’appartamento dagli anni Novanta. Già nei giorni scorsi, i vicini avevano raccontato alla polizia di aver udito più volte le grida provenire da quella casa, tuttavia non è stato possibile stabilire quando con precisione. Potrebbero essere episodi risalenti a parecchio tempo fa. 

Qualche residente aveva riferito di un passato controllo della polizia, presumibilmente avvenuto, secondo gli investigatori, quando le condizioni di salute della vittima erano migliori, altrimenti sarebbe già da tempo scattato l’allarme. Infatti, non risultano interventi delle forze dell’ordine nel palazzo negli ultimi anni. Da chiarire anche da quanto tempo la donna stava così male e da quanto non riusciva a parlare, e quindi a urlare o lamentarsi, perché troppo debole. Gli esami autoptici sul suo corpo sono ancora in corso, si cercano risposte utili all’indagine nelle piaghe e nel fisico martoriato della signora. Ieri gli esperti dell’Istituto di Medicina legale di Pavia hanno fatto un ulteriore sopralluogo nell’appartamento, per recuperare tracce biologiche rimaste sul materasso dove Lodola potrebbe aver giaciuto per tre anni senza mai alzarsi.

Resta intanto in carcere il convivente Antonio Calandrini, 60 anni, al momento l’unico indagato per questa vicenda. Il Gip ha convalidato il suo arresto, gli viene contestata la morte della compagna in seguito ai maltrattamenti, è anche accusato di sequestro di persona, abbandono di incapace e lesioni. Non è escluso che nelle prossime settimane venga chiesta una perizia psichiatrica. L’uomo, portiere di notte, al momento del fermo si era giustificato dicendo che non si era reso conto che la situazione fosse così grave prima di chiamare il 118 che comunque è arrivato troppo tardi per salvare la vita alla donna che conviveva con lui da oltre vent’anni.