Da Pavia fino a Kiev in bicicletta: "Quante zone spopolate"

Diego Vallati, il 69enne cicloviaggiatore pavese, racconta il suo viaggio in bicicletta in solitaria, Pavia-Kiev

Diego Vallati, 69 anni, alla barriera di Chernobyl

Diego Vallati, 69 anni, alla barriera di Chernobyl

Pavia, 28 giugno 2016 - "E' stata un’esperienza molto diversa dai miei precedenti viaggi". Diego Vallati, il 69enne cicloviaggiatore pavese, è rientrato a casa dopo il suo viaggio in bicicletta, in solitaria, Pavia-Chernobyl-Kiev.

Quanti chilometri? 

In totale ne ho fatti 2.492, sulla carta alla partenza ne avevo ipotizzati 2.500, quindi da questo punto di vista è andato tutto come previsto".

Anche i tempi del viaggio sono stati rispettati?

"Sono arrivato anche con qualche giorno di anticipo, perché mi sono trovato a fare tappe più lunghe, soprattutto nella seconda parte del viaggio, perché dopo Leopoli si sono diradati non poco i luoghi in cui potevo fermarmi a dormire. Non sono posti proprio turistici. Per tre giorni ho pedalato su una specie di superstrada tutta dritta. Poi però ho deviato su strade minori, per vivere di più l’ambiente che stavo attraversando".

In questo viaggio la meta era però più importante del percorso?

"Sì e devo anzi ringraziare ancora tutte le associazioni, Soleterre e i Comitati per Chernobyl di Pavia e provincia, per avermi dato la motivazione per questo viaggio, nel trentennale dell’incidente nucleare".

E com’è la situazione dopo 30 anni?

"Io non ho oltrepassato la barriera della zona vietata, lì organizzano solo dei giri in auto o in pullman, ma quello è proprio turismo. La zona spopolata è molto vasta".

Le conseguenze si vedono ancora negli ospedali. Com’è stato l’incontro all’ospedale di Kiev?

"Sono arrivato proprio mentre stavano organizzando uno spettacolino in ospedale, ho consegnato i disegni fatti dai bambini dell’Oncoematologia pediatrica del San Matteo. Io l’ho detto prima di partire e lo ripeto ora: tramite Soleterre, i Comitati per Chernobyl, gli amici del Circolo culturale russo di Pavia, ho conosciuto tante persone che si impegnano come volontari, fanno davvero tanto, ciascuno secondo le proprie competenze. Io so solo pedalare e ho fatto questo viaggio".

A Kiev com’è stato il contatto con Soleterre?

"Sono stato ospitato nella loro casa di accoglienza, dell’associazione Zaporuka, mi hanno letteralmente accudito per i 3 giorni che sono stato a Kiev".

Prima di arrivare a destinazione, qualche inconveniente durante il viaggio?

"Qualcuno, ma li ho superati tutti. Ancora in Slovenia ho avuto una sera in cui ho temuto che il mal di schiena mi bloccasse, ma poi il giorno dopo sono riuscito a ripartire".

E il ritorno?

"In pullman, con la bici come bagaglio. Devo dire che dall’alto del pullman mi sono goduto il paesaggio ucraino meglio che nell’andata in bicicletta".