Delitto di Giussago, il segreto di Marco negli anni all’estero: "È tornato cambiato"

Marco Fiorentino ha confessato l'omicidio della madre

I rilievi al momento del ritrovamento del cadavere (Torres)

I rilievi al momento del ritrovamento del cadavere (Torres)

Giussago, 27 luglio 2017 - «Marco da quando era tornato era cambiato, è vero, ma siamo sicuri che abbia fatto quello che ha detto di aver fatto?». A Villanova de’ Beretti, frazione di Giussago, vivono in meno di 300 persone e tutti si conoscono, soprattutto chi è nato e cresciuto qui. Ha sconvolto tutti la tragedia famigliare per la quale è in carcere Marco Fiorentino, 23 anni, reo confesso dell’omicidio della madre Rosina Papparella, 50enne, uccisa nella notte fra il 3 e il 4 luglio, ritrovata solo dopo 20 giorni, nel pomeriggio di lunedì, in un silos della cascina abbandonata che si trova proprio a fianco della casa della famiglia. «Solo sabato – racconta una vicina (che preferisce restare anonima) – abbiamo saputo che la Rosi era scomparsa dal 4 luglio. Qui non lo sapeva nessuno. Né lei né il marito si vedevano più in giro in paese, già da tempo. Giuseppe ha problemi a camminare, per questo usciva poco di casa. La Rosi diciamo solo che aveva avuto dei problemi, dai quali sembrava che stesse però uscendo. In quella famiglia da tempo c’era disagio, lo si sapeva. Si erano un po’ chiusi».

Marco era tornato da qualche mese, dopo un anno di militare e altri 3 anni circa passati all’estero, in Francia e soprattutto in Spagna, a lavorare come cameriere o pizzaiolo. «Mandava lui i soldi a casa – conferma la vicina, amica della famiglia – e quando è tornato ci è sembrato strano. Lo si vedeva di notte che usciva di casa e andava in mezzo alle campagne. Ne abbiamo parlato tra noi che viviamo qua, perché non era una cosa normale. Andava verso la cascina abbandonata, è stato visto seduto vicino al silos». Prima o dopo l’omicidio? «Non ricordo bene – risponde la vicina - mi sembra prima, anche se non ne sono sicura. Comunque anche sabato Marco era stato a casa qui di un amico, l’ho visto, era tranquillo come sempre. Ma come poteva essere così tranquillo dopo aver fatto quello che ha detto di aver fatto a sua mamma?».    Domande che dovranno trovare risposte dall’inchiesta e dalla perizia psichiatrica che sembra scontata per il ragazzo che ha riferito di sentire «delle voci». «È sempre stato un bravo ragazzo – ribadisce l’amica di famiglia – non si drogava e non beveva. Dicono che ultimamente fosse più triste? Era forse più chiuso e più solitario, qualcosa gli dev’essere successo». Dubbi che hanno gli stessi inquirenti, che dovranno verificare il cosiddetto fattore scatenante di una follia rimasta nascosta fino a sabato sera, quando il 23enne, dopo aver ferito il padre con delle forbici, ha voluto lui essere ricoverato in Psichiatria, rendendosi conto di dover essere aiutato. Nella tarda serata di lunedì ha poi raccontato il delitto come per sfogarsi. E forse racconterà anche cosa gli è successo, probabilmente quando era all’estero, che lo ha fatto cambiare così tanto.