Omicidio a Dorno, il killer non riesce a darsi pace: "Ho ucciso la persona che amavo"

Ha sparato dieci colpi: le piste della gelosia e del denaro

Emanuela Preceruti, la vittima, e Roberto Garini

Emanuela Preceruti, la vittima, e Roberto Garini

Dorno, 30 giugno 2016 - Un lungo colloquio con il difensore, nel carcere di Torre del Gallo a Pavia. I cedimenti, l’animo turbato. E quelle parole: "Non capisco come ho potuto uccidere la persona che amavo più della mia stessa vita". Roberto Garini, 51 anni, da tre giorni è in cella per aver ammazzato la sua compagna, Emanuela Preceruti, 44 anni, nell’abitazione della donna a Dorno. Garini, che già martedì notte quando si era costituito ai carabinieri aveva ammesso di aver tolto la vita a Emanuela, stamani sarà sentito dal Gip di Pavia per l’udienza di convalida. È prevedibile che parli e racconti la sua versione dei fatti, dato che come sottolineato dalla difesa "Garini ha mantenuto sempre una condotta collaborativa". Viene descritto come molto scosso.

Ha crivellato Emanuela con dieci colpi di pistola, cinque sicuramente sono andati a bersaglio. Il primo ha raggiunto il cuore. Il corpo senza vita della donna è stato sottoposto ieri all’autopsia. Garini, operatore socio-sanitario del policlinico San Matteo di Pavia, ha sparato con estrema precisione. È appassionato di armi, deteneva regolarmente tre pistole e un fucile per il tiro sportivo, fino a poco meno di un anno fa si allenava anche tre volte alla settimana. Martedì sera, dopo aver inseguito la sua compagna e la di lei figlia dodicenne fino al piano superiore della casa della donna, confinante la sua, ha massacrato la vittima nell’angusto spazio del bagno dove aveva cercato rifugio con la ragazzina, che colpita di striscio si è finta morta e così si è salvata. A Emanuela, Garini ha inferto colpi precisi al torace e alla testa, lei è morta all’istante. Consumato il delitto, l’infermiere è tornato nel suo appartamento e ha chiamato il 118: "Venite, ho ucciso la mia compagna", ha detto.

Quindi è nuovamente tornato nella casa del massacro: lì, abbracciato al cadavere della sua Manu lo hanno trovato i carabinieri, che lo hanno arrestato. In quegli stessi momento la figlia della vittima, avuta dal primo marito, è stata accompagnata in ospedale, dove si trova ricoverato anche il nonno materno: si è procurato una lesione a un mano quando ha saputo cosa era accaduto. Ieri, l’uomo ha dovuto riconoscere la salma della figlia. Intanto le indagini dei carabinieri stanno cercando di fare luce sul movente dell’omicidio, che potrebbe essere chiarito durante l’interrogatorio del Gip stamattina. Si fanno strada tra le ipotesi degli inquirenti la gelosia, il fatto che la donna avesse chiuso la storia due settimane fa e avesse manifestato l’intenzione di voler lasciare anche l’appartamento dove viveva e che è di proprietà di Garini. Ma non sono escluse neppure ragioni economiche, denaro che l’infermiere voleva gli fosse restituito. E forse non solo. Aleggia sul delitto anche l’ombra dell’alcol: la figlia della vittima avrebbe confermato agli investigatori che l’uomo beveva spesso e diventava violento. In qualche occasione avrebbe alzato le mani tanto che Emanuela aveva pensato di denunciarlo. Poi però aveva fatto marcia indietro. Una scelta dettata dalla volontà di non creare problemi al suo uomo.