Gomorra, droga nascosta tra le bibite: il boss della banda era il barista

Vigevano, il titolare del locale“Birimbao” aveva un ruolo apicale

Mario Venditti, procuratore aggiunto, Giorgio Reposo, procuratore capo e il colonnello Danilo Ottaviani

Mario Venditti, procuratore aggiunto, Giorgio Reposo, procuratore capo e il colonnello Danilo Ottaviani

Pavia, 23 marzo 2017 - «Riteniamo di aver inferto un duro colpo a un’organizzazione criminale ben ramificata sul territorio lomellino e provinciale». Il procuratore capo di Pavia, Giorgio Reposo, affiancato dal procuratore aggiunto Mario Venditti, insieme al comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Danilo Ottaviani, e al comandante della Compagnia di Vigevano, capitano Rocco Papaleo, hanno illustrato ieri mattina, nella conferenza stampa convocata al Comando provinciale dei carabinieri di Pavia, i dettagli dell’operazione Coffee Time, seconda costola dell’indagine Cave canem che all’inizio del luglio dello scorso anno aveva già portato a 45 arresti e 61 denunce in stato di libertà, sgominando quella che era stata ribattezzata la Gomorra lomellina. I 18 arrestati nel blitz di martedì mattina in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal Gip su richiesta della Procura (6 in carcere, 8 ai domiciliari e 4 con obbligo di dimora), sono tutti accusati di spaccio di stupefacenti. Nell’organigramma ricostruito dagli inquirenti, il ruolo apicale è stato attribuito ad Antonio Canale (in carcere), 40enne titolare dal bar Birimbao in via Rocca Vecchia a Vigevano, già coinvolto nella prima parte dell’inchiesta. «Gli esiti delle indagini svolte – spiegano gli inquirenti – hanno contribuito a delineare uno spessore del Canale ben più elevato rispetto a quello, pur grave, emerso in materia di armi. Si delinea dunque ora la sua figura come quella di un imprenditore del crimine, capace di differenziare la propria attività in più settori, quello delle armi e quello del commercio degli stupefacenti, le une e le altre necessariamente comportanti un consolidato inserimento in contesti criminali organizzati».

Definito dunque dagli inquirenti come l’organizzatore dello spaccio, Antonio Canale è accusato di aver tenuto in esclusiva i rapporti con il principale fornitore sia di cocaina che di marijuana: Aleksander Kulla (in carcere), albanese 38enne residente a Santa Maria della Versa, ufficialmente imprenditore edile, in realtà accusato di essere «persona inserita in contesti criminali dediti al narcotraffico e capace di reperire diverse tipologie di sostanze stupefacenti in quantità cospicue». Andrea Merlin, 29enne di Gambolò, e Jonathan Peragine, 31enne di Vigevano, indicati dagli inquirenti come i 2 a capo della rete di spaccio (entrambi in carcere) si avvalevano ciascuno di una batteria di spacciatori (13 dei destinatari di misure cautelari) 7 per Merlin e 6 per Peragine. Michele Li Gotti (ai domiciliari), 25enne nato a Firenze e residente a Novara, è accusato di essere stato fornitore occasionale: «Le esigenze cautelari - scrivono gli inquirenti - sono dipesa dal fatto che si colloca ad un livello intermedio e che è risultato munito di propri canali di rifornimento di stupefacente, tanto che a lui si rivolgono gli imprenditori e lui in risposta si trova ad averne immediatamente a disposizione».