Ragazzino brutalizzato dalla banda di coetanei: in cinque a giudizio

Mortara, vessazioni e pornografia

Bullismo, foto generica. Una rissa ripresa col cellulare

Bullismo, foto generica. Una rissa ripresa col cellulare

Mortara (Pavia), 16 novembre 2017 - Sono in cinque. Hanno fra i 15 e i 16 anni. La loro vittima era un ragazzo all’epoca non ancora quindicenne, umiliato, maltrattato, violentato. Sono pesanti le imputazioni di cui saranno chiamati a rispondere, il prossimo 11 gennaio, davanti a un gup del tribunale per i minorenni: violenza sessuale di gruppo e pornografia minorile.

Per il capobranco, un ragazzo di origine moldava, anche quelle di violenza privata e di stato di incapacità procurato mediante violenza. Processo in abbreviato, con l’eventuale condanna ridotta di un terzo. Quattro erano stati arrestati a marzo a Mortara dai carabinieri di Vigevano. Dopo un periodo di detenzione al Beccaria di Milano, erano stati trasferiti in comunità. Il quinto era stato arrestato una ventina di giorni dopo in un piccolo centro della Lomellina: il suo ruolo era risultato più marginale e per questo motivo era stato subito condotto in comunità. Sequenze di un film horror. La vittima era stata condotta in aperta campagna, presso un ponticello sopra un corso d’acqua, denudata, tenuta sospesa per le gambe, brutalizzata con una pigna. Fra gli aguzzini anche un ragazzino sotto i 14 anni e per questo non imputabile. Uno aveva scattato una fotografia del ragazzo appeso giù dal ponte, trattenuto dagli altri, divertiti per la trovata. L’immagine era stata poi ceduta ad altri. Al capo del gruppo è contestata un’altra vessazione, un episodio precedente. Ha costretto la vittima a ingurgitare tre lattine di birra e dopo averlo ridotto in stato di ebrezza, stordito e come in stato di schiavitù, lo aveva trascinato per la città per un paio di chilometri, legato a una catena, come un cane al guinzaglio. La piccola vittima ha raccontato le efferatezze patite al legale nominato dalla famiglia, l’avvocato Roberto Grittini. All’inizio aveva un buon rapporto con quelli che sarebbero divenuti i suoi aguzzini, di alcuni era coetaneo e compagno di scuola. L’arrivo del ragazzo moldavo aveva fatto da innesco alle prepotenze. Era soprattutto lui a prenderlo di mira, quando s’incontravano alla stazione di Mortara, abituale luogo di ritrovo. Quando e ra andato al ponte con uno degli amici, aveva chiesto se fosse stato presente anche il capobranco e gli era stato assicurato di no. Invece era comparso.

Una trappola. Lo avevano tranquillizzato, non gli avrebbero fatto niente. Invece si era ritrovato sospeso dal ponte e fotografato. Aveva poi pregato l’amico di cancellare la foto e ancora una volta aveva ricevuto delle rassicurazioni. Anche nell’episodio delle birre e della catena l’iniziativa era stata del leader dei bulli, per quanto gli altri cercassero di dissuaderlo. Aveva ubbidito e bevuto, timoroso che l’altro, grande e prestante, lo picchiasse. «Il ragazzo – dice l’avvocato Grittini – dopo questi episodi ha avuto seri problemi comportamentali che si tenta di arginare con una costante interazione con psicologi. Questo comporta ovviamente un costo che finora è stato pressoché interamente sostenuto dalla famiglia. Dall’altra parte, non è venuto alcuno spunto per un minimo di risarcimento, che potrebbe quantomeno agevolare la famiglia nell’affrontare un impegno tanto gravoso».