Pavia, si dice padre del bimbo non suo: avvocato gay rinviato a giudizio

Indagini partite perché da anni l'uomo ha un compagno stabile

Il tribunale di Pavia

Il tribunale di Pavia

Pavia, 20 ottobre 2017 - È stato rinviato a giudizio l’avvocato pavese accusato di essersi attribuito la paternità di un bimbo non suo. La decisione è stata presa dal Gup di Pavia ieri nel corso dell’udienza preliminare. Con l’avvocato, affronterà il dibattimento, la cui apertura è prevista per gennaio, anche il suo compagno. La madre del bimbo invece sarà processata con abbreviato condizionato a perizia psichiatrica: la difesa vuol valutare se la donna fosse in grado di intendere e volere. La modalità di giudizio scelta dalla madre le permetterà in caso di condanna di ottenere lo sconto di un terzo della pena.

Al momento la patria potestà sua e dell’avvocato sul bambino è sospesa, in attesa che si esprima al riguardo il Tribunale per i minori. I tre sono indagati per alterazione di stato, previsto dall’articolo 567 comma 2 del codice penale. Secondo l’accusa, l’avvocato avrebbe sposato la madre del bambino, una donna albanese, mentre era già incinta, poi avrebbe falsamente dichiarato di essere il padre del piccolo. Le indagini sono scattate perché nel paese del Pavese dove risiede il legale sono sorti sospetti, dato che da anni l’uomo ha una stabile relazione col suo compagno. Le indagini sono state condotte dalla Digos di Pavia, secondo le accuse l’avvocato e il compagno avrebbero promesso alla donna una grossa somma di denaro.

Il difensore della coppia omosessuale, il legale Niccolò Angelini, presidente di Arcigay Pavia, ha chiesto il rito abbreviato condizionato ad alcune testimonianze, ma la richiesta è stata rigettata. Il difensore accusa: «Abbiamo chiesto un ampliamento delle indagini perché il papà biologico del bambino non risulta indagato, a nostro avviso sin dall’inizio era emerso un suo coinvolgimento - ha commentato -. Sembra quasi che si voglia dipingere solo i miei assistiti come responsabili e non si sia voluto cercare fino in fondo la realtà dei fatti». Il difensore ha aggiunto: «Abbiamo pronta una denuncia nei confronti dell’assistente sociale che doveva seguire il minore, perché ha permesso una visita da parte del padre biologico, in violazione delle disposizioni del tribunale che vietavano qualunque contatto tra il bambino e altre persone».