Pavia, 9 maggio 2014 - Si è concluso, almeno in primo grado, un iter giudiziario di 11 anni in seguito all'omicidio di Gioacchino Lombardo, 51enne di Brescia trovato morto nel luglio del 2003 in un'auto data alle fiamme alla frazione Zelata di Bereguardo (Pavia).

L'ultimo atti è stata la condanna comminata dalla Corte d'Assise di Pavia, presieduta dal giudice Cesare Beretta, all'ergastolo per P.P., 50 anni, originario di Torre Annunziata (Napoli). La Corte ha accolto le richieste della pubblica accusa rappresentata dal pubblico ministero Roberto Valli.

Quattro in tutto le persone coinvolte nel delitto. Già condannati a 30 anni, in abbreviato, G.P., 42 anni, e C.P., 41 anni, fratelli di P.P.. V. Lombardo, oggi 36enne, figlio della vittima, era stato condannato a 16 anni sempre dopo rito abbreviato.

La vicenda risale all'estate di undici anni fa. Tutto era nato a causa di una donna, contesa tra Gioacchino Lombardo e suo figlio Vincenzo. Gioacchino fu brutalmente pestato a casa del figlio al Villaggio Prealpino di Brescia. L'uomo fu poi caricato in macchina e portato fino a Bereguardo (Pavia), dove la vettura venne data alla fiamme. 

Per tutti e quattro gli imputati c'era stata una sentenza di condanna di primo grado, emessa nel 2010 dal Tribunale di Brescia, con le accuse di tentato omicidio, omicidio colposo e rogo doloso. Una condanna che era stata poi cancellata, dopo che la Corte d'Appello aveva accolto la richiesta di valutare gli episodi contestati come omicidio volontario.

Nel 2012 l'inchiesta e' passata da Brescia a Pavia. E proprio in seguito alle indagini condotta dalla Procura di Pavia, guidata Gustavo Cioppa, sono stati di nuovo arrestati i tre fratelli Palumbo. Gli accertamenti condotti dagli inquirenti pavesi hanno permesso di stabilire (grazie anche a rilievi scientifici) che Gioacchino Lombardo mori' nel rogo dell'auto alla frazione Zelata di Bereguardo (Pavia) e non come era stato ipotizzato inizialmente per le ferite riportate durante l'aggressione.

La conferma e' arrivata anche dall'autopsia, che ha rilevato tracce di fumo nei polmoni della vittima, confermando che fu proprio l'incendio ad ucciderlo. L'accusa e' cosi passata da tentato omicidio e omicidio colposo in quella, ben piu' grave, di omicidio volontario.