Pavia, 2 aprile 2013 - A quasi 6 anni dal suo omicidio resta ancora irrisolto il mistero sul delitto di Chiara Poggi, la ragazza assassinata il 13 agosto 2007 da una mano che ancora non ha nome. Un esame non ancora effettuato su un capello castano corto ritrovato nel palmo della sua mano sinistra potrebbe però indicare la via per risolvere il giallo di Garlasco e portare a dare un volto e un nome all’assassino. Ne sono convinti i genitori e il fratello della ragazza che con il loro avvocato, Gian Luigi Tizzoni, insistono nel chiedere alla Cassazione di disporre accertamenti per individuare il Dna mitocondriale dal bulbo e dal fusto di quel capello ritenendo, questa, l’unica strada rimasta per arrivare a rintracciare l’omicida. Stessa richiesta riguarda anche i frammenti piu’ piccoli delle unghie della giovane.

Ruota attorno a questo esame sofisticato (e non costoso) il cuore del ricorso con cui Giuseppe e Rita Poggi e il figlio Marco hanno chiesto alla Suprema Corte, in vista dell’udienza del 5 aprile, di annullare la sentenza con cui Alberto Stasi, l’ex fidanzato della giovane imputato di omicidio, si è visto confermare in secondo grado il verdetto di assoluzione emesso nel dicembre del 2009, al termine del processo con rito abbreviato, dal gup di Vigevano Stefano Vitelli.

Si tratta di un esame genetico, peraltro uguale a quello in corso nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio, che non venne eseguito durante le indagini preliminari, come e’ sottolineato nell’atto della parte civile, ‘’a causa di una banale dimenticanza’’. Infatti, secondo la ricostruzione riportata nelle 68 pagine firmate dall’avvocato Tizzoni, ai tempi dell’ inchiesta, il Ris di Parma fece accertamenti sul capello corto, cosi’ come su quelli spezzati e privi di bulbo trovati sia nella mano destra della ragazza sia in una pozza di sangue vicino all’ingresso della abitazione, senza pero’ che emergessero risultati rilevanti. Successivamente si ritenne opportuno verificare anche l’eventuale individuazione di Dna mitocondriale, cosa che consenti’, si spiega sempre nel ricorso, di ricondurre alla vittima i capelli spezzati. Ma nulla di piu’, perche’ sul capello corto e sui frammenti di unghie non ci fu alcuna analisi.

Ma i Poggi, oltre all’analisi del capello castano, hanno, tra l’altro, chiesto di nuovo l’acquisizione della bicicletta nera da donna nella disponibilita’ degli Stasi (quella di cui parlo’ nella sua testimonianza la signora Franca Bermani) e, unitamente al pg di Milano, la ripetizione da parte di Alberto dell’esame della ‘camminata’ per capire come sia riuscito a non sporcarsi di sangue la suola delle scarpe quando entro’ nella villetta’ e trovo’ il corpo senza vita di Chiara. Richieste, quelle della parte civile e del pg, ritenute ‘’inammissibili e infondate’’ dalla difesa di Stasi e che sono state confutate una per una nella corposa memoria scritta dal prof. Angelo Giarda. L’esame per l’estrazione del Dna mitocondriale dal capello castano e corto viene definito inutile e non necessario. Tale capello, a differenza di quel che sostiene Tizzoni, a dire dei difensori, e’ stato trovato vicino al cadavere di Chiara e non stretto nel palmo della sua mano e si ritiene fosse in fase di ‘caduta’ e non strappato e, dunque, non compatibile con la scena del crimine e con un’azione violenta. In piu’, tra le varie cose, si sottolinea come tale accertamento consenta di identificare solo il gene familiare e non la persona.

Insomma i legali dell’ex studente Bocconiano, ora praticante in uno studio di commercialisti milanesi, puntano a ottenere l’assoluzione definitiva con il rigetto dei due ricorsi e quindi la conferma dei verdetti di primo e secondo grado. Venerdi’ prossimo ai giudici della Suprema Corte tocchera’ decidere se annullare la sentenza d’appello chiedendo di riaprire l’istruttoria o decretare definitivamente che Stasi e’ innocente. Nessun vinto ne’ vincitore, ma ancora un delitto senza colpevoli e senza una verita’.