Bescapè, 28 ottobre 2012 - Esternare un sentito ringraziamento nei confronti di chi ha dato lavoro consentendo a tante famiglie di vivere serenamente. A 50 anni dalla tragica fine di Enrico Mattei, molti ancora non l’hanno dimenticato. Per questo ieri mattina sono arrivati in pullman da molte città del Nord Italia. Volevano rendere omaggio all’ex presidente dell’Eni che nelle campagne di Bascapé perse la vita mezzo secolo fa. In circa 400 persone si sono date appuntamento nella zona del sacrario realizzato dove in quel 27 ottobre 1962 cadde il bireattore di Mattei, per ascoltare la messa celebrata dal vescovo di Pavia, Giovanni Giudici. Subito dopo, in un tripudio di bandiere tricolori che richiamavano alla memoria il contributo di Mattei alla lotta partigiana e alla nascita della Repubblica, si è tenuta la commemorazione ufficiale.

Ed è stato proprio il presidente nazionale dei Partigiani cristiani, Raffaele Morini, che fu amico e collaboratore di Mattei a tratteggiare la figura del leader democristiano ricordandone le imprese sia come comandante partigiano sia come fondatore dell’Eni. «È edificante raccontare Enrico Mattei, specialmente in tempi di quasi totale eclisse morale, sociale e civile come quelli in cui viviamo», ha detto Morini. E, nel ripercorrere la vita del presidente dell’Eni, è partito dall’8 settembre 1943, quando l’Italia aveva perso la Patria e la prima azione del comandante Monti (alias Mattei) fu quella di «fornire vitto, armi e munizioni a quei giovani ribelli che non vollero ammainare il tricolore».

Sul fronte professionale, invece, l’attività di Mattei cominciò quando l’allora ministro delle Finanze Marcello Soleri, nominò Mattei commissario per liquidare l’Agip del Nord Italia, «ma se ne servì per rilanciare l’azienda petrolifera».
«All’epoca - ha ricordato il presidente dei Partigiani cristiani - l’Italia era alla fame e molti cercavano di emigrare all’estero in cerca di lavoro. Nel ‘53 Mattei costituì l’Eni e oltre ad ottenere vantaggiosi contratti per la ricerca e produzione di idrocarburi in mezzo mondo, acquisì le fabbriche sull’orlo del fallimento come la Nuova Pignone e Lanerossi per dare lavoro alla sua gente. Intanto riuscì a potenziare il metano, mentre per lanciare l’agricoltura costruì lo stabilimento per fertilizzanti a Ravenna».

Quindi Morini non ha dubbi: «L’artefice del miracolo italiano è stato Enrico Mattei. È merito suo se l’Italia è risorta dalla miseria. E voleva farne il più bel giardino del mondo. Ci sarebbe riuscito, se una bomba non lo avesse fermato». E così il ricordo di Mattei diventa l’occasione per ribadire un amore per l’Italia che si deve rinnovare nonostante tutte le mafie.

di Manuela Marziani