Retorbido, 29 maggio 2012 - La ditta Brasilia è fallita, non c’è più alcuna speranza. Se da una parte la situazione di incertezza in cui da tempo vivevano i 182 dipendenti si è sbloccata, dall’altra per loro adesso non c’è più il lavoro. L’azienda di Retorbido, che comprende anche il distaccamento “Gino Rossi” di Pontecurone, in provincia di Alessandria, produceva componenti per le macchine del caffè. Da mesi il futuro dello stabilimento tiene con il fiato sospeso i dipendenti, che da settembre non si sono più visti pagare lo stipendio per problemi finanziari. A emettere la sentenza che ha decretato la fine dell’avventura industriale della Brasilia in Oltrepo è stato il tribunale fallimentare di Milano, dopo che circa cinquanta operai avevano presentato l’istanza di fallimento a fine aprile. Mercoledì scorso c’era stata la prima udienza in Tribunale, poi è arrivata la decisione del Collegio dei giudici.

Tra le motivazioni a giustificazione della scelta di sentenziare il fallimento ci sono «la mancanza di mezzi finanziari dell’azienda» e la conseguente incapacità di soddisfare le obbligazioni. Il tribunale ha nominato un curatore, l’avvocato milanese Davide Lambicchi, che nei prossimi mesi si occuperà di fare il punto della situazione in ditta, oltre a realizzare un inventario di tutti i beni dell’azienda, mettere i sigilli allo stabilimento e calcolare il totale dei debiti. L’esame dello stato passivo, cioè la valutazione dell’ammontare dei debiti della Brasilia, è stato fissato per l’11 settembre. Avvolto dalla nebbia il futuro degli operai: «Stiamo già lavorando per chiedere un colloquio con il curatore fallimentare, allo scopo di valutare l’impatto occupazionale di questa svolta — spiega Renzo Scinaldi della Fiom Cgil —. L’idea è chiedere per gli operai la cassa integrazione straordinaria per cessata attività».

Incerto anche il destino della fabbrica, potrebbe infatti sempre arrivare la proposta di qualche imprenditore o società interessato a rilevare l’attività. «Una cosa è certa, non ci sono vincitori né vinti — prosegue Scinaldi —. Lo scopo era chiarire la situazione insostenibile in cui gli operai vivevano da mesi. Resta l’amaro in bocca perché questa vicenda lascia in mezzo alla strada 182 persone e le loro famiglie». Domani i sindacati incontreranno i lavoratori in azienda, per spiegare che cosa sta succedendo. Nei mesi scorsi, sono stati organizzate diverse proteste, gli operai si erano persino incatenati ai cancelli della ditta, per dimostrare il loro attaccamento al lavoro. E non sono mancate le riunioni con le istituzioni: «Chiediamo ancora adesso, più che mai, l’intervento della politica, un tavolo con le istituzioni e le amministrazioni locali, per dare supporto e cercare soluzioni alla situazione dei lavoratori», conclude la Fiom.