Milano, 25 novembre 2011 -  “Io aspetto solo la verità, gli avvocati di Alberto fanno il loro mestiere, ma io sono la mamma di Chiara”. E’ quanto ha affermato Rita Preda, mamma di Chiara Poggi, al termine della quarta udienza del processo d’Appello in corso al Tribunale di Milano e che ha come unico imputato l’allora fidanzato di Chiara, Alberto Stasi.
 

LA DIFESA - Nessuna prova e nessun movente, quindi l'assoluzione. Si è conclusa con la richiesta di ribadire la sentenza di primo grado, l'arringa del collegio difensivo di Alberto Stasi unico imputato per l'omicidio dell'ex fidanzata Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007 a Garlasco (Pavia). I legali Angelo Giarda e Giuseppe Colli concludendo i loro interventi iniziati nel corso dell'udienza di giovedì, hanno nuovamente contestato punto per punto le tesi sostenute dal sostituto procuratore generale Laura Barbaini che martedì scorso aveva chiesto 30 anni di carcere per l'ex bocconiano oggi praticante commercialista. Chi ha presenziato all'udienza di oggi (inziata intorno alle 10 e conclusa verso le 13.30) che si è svolta a porte chiuse, ha raccontato di uno Stasi sereno e dei giudici popolari (quattro uomini e due donne dai 30 anni in su) molto attenti e concentrati, intenti spesso a prendere appunti.

Al termine della prossima udienza, fissata per il 6 dicembre, i giudici della Seconda Corte d'Assise di appello del Tribunale di Milano si ritireranno in Camera di consiglio dopo aver ascoltato le eventuali repliche del Pg e dei legali della famiglia Poggi. La Corte potrebbe uscirne con la sentenza o con la decisione di rinnovare il dibattimento, disponendo nuove perizie come richiesto dall'accusa e dalla famiglia Poggi, che si è costituita parte civile. Un'eventulità quest'ultima che la difesa ha definito illeggittima.

 

L'UDIENZA - Oggi in aula i difensori hanno sottolineato l'inesistenza di prove contro il loro assistito, ricordando che, secondo le perizie, sul dispenser di sapone in casa Poggi non c'erano né tracce ematiche né il dna di Chiara ma solo impronte di Alberto che frequentava abitualmente la villetta, così come non ci sono sulla bicicletta sequestrata a Stasi ma utilizzata anche da Chiara, dove dalle analisi emerge solo "sporcizia". Gli avvocati Colli e Giarda hanno poi ribadito l'attendibilità della teste Franca Bermani sottolineando però che la bicicletta che la donna dice di aver visto è ben diversa da quella di Stasi, e ricordando infine che le immagini pedopornografiche trovate sul computer dell'imputato non possono aver costituito un movente perché tecnicamente non potevano essere viste. Infine hanno evidenziato che tra Chiara e Alberto esisteva una relazione solida e felice, e nessuna delle persone sentite ha mai riferito di problemi tra i due. Considerazioni che sono state condensate in una memoria di 530 pagine che è stata consegnata alla Corte presieduta da Anna Conforti.