Giovedì 25 Aprile 2024

Cantine La Versa, svolta per salvare un secolo di vino

Soldi dai soci. Ma si cercano nuovi partner. Cambierà anche lo statuto con la possibilità di diventare soci ed azionisti anche a chi non è proprietario o possessore ad altro titolo, di terreni in Valle Versa. Una vera e propria “rivoluzione” che fa storcere il naso ai vecchi soci di Pierangela Ravizza

DOMENICA04_21UN_WEB

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Pavia, 22 dicembre 2014 - La storica cantina “La Versa”, uno dei colossi della vinicoltura lombarda, dopo 109 anni volta pagina. L’assemblea straordinaria dei soci, ieri, non solo ha approvato, sia pur dopo due ore di animato dibattito, il bilancio 2014 con un patrimonio sceso a zero, dopo le pesanti perdite negli ultimi due esercizi, ma anche dato il via alla ricostituzione del capitale minimo a 50mila euro e quindi all’eventuale ricambio della compagine societaria.

Con tanti dubbi ancora da chiarire, ma con una prima certezza: i soci che rappresentano circa un terzo dell’ormai vecchio portafoglio azionario (in origine 106mila azioni) hanno già sottoscritto il minimo (25%) del nuovo capitale sociale. Il resto si aggiungerà nei prossimi giorni e da gennaio dovrebbero entrare nuovi partner. In pole position (anche perché sarebbe l’unico soggetto ad aver rilasciato lettera d’intenti ufficiale) è il gruppo che fa capo al manager bresciano Abele Lanzanova da cui entro il 14 gennaio dovrebbe arrivare il primo versamento di 1,5 milioni, parte dei 4 milioni annunciati. Cambierà anche lo statuto (e qui è la vera novità) con la possibilità di diventare soci ed azionisti anche a chi non è proprietario o possessore ad altro titolo, di terreni in Valle Versa. Una vera e propria “rivoluzione” che fa storcere il naso ai vecchi soci, 700 in tutto e, ieri, solo un terzo (ma in rappresentanza dei due terzi delle azioni) presente in assemblea. Una parte (poco più del 20%) non ha votato, circa il 50% ha votato il bilancio in rosso profondo del 2014, ancora di più ovvero il 60% è favorevole alla ricostituzione del capitale sociale.

Ma al di là delle divisioni, in quella che, solo una ventina di anni fa, era la capitale dello spumante italiano che faceva concorrenza al blasonato Champagne, tutti ripongono fiducia nelle future alleanze. «Diteci chi sono e saremo più tranquilli» hanno chiesto, in assemblea, alcuni soci. «Un conto sono lettere d’intenti, un conto telefonate o manifestazioni di generico interesse», ha replicato il presidente, Dino Alberto Scarabelli che, alla fine dell’assemblea, si è detto «soddisfatto per l’esito e fiducioso che, entro il 28 gennaio, ci sia la ricostituzione integrale del capitale sociale». Circa i possibili nuovi partners, a parte la cordata bresciana, i nomi che circolano sono sempre gli stessi degli ultimi mesi ovvero la cantina Terre d’Oltrepò (Broni-Casteggio) ed anche un’ipotesi (ma non è un progetto) di possibile aggregazione fra tutte le cantine dell’Oltrepò, includendo anche Canneto Pavese e Torrevilla. Di certo non ci saranno banche: anche quelle più esposte (Intesa San Paolo) dopo il no all’ipotesi di un prestito obbligazionario ai soci, non tramuteranno il credito in azioni.

di Pierangela Ravizza