Garlasco, Alberto Stasi senza soldi. Il risarcimento ai Poggi è un miraggio

Ha rinunciato all’eredità nove anni dopo l’omicidio di Chiara

Gli occhi di Alberto Stasi (Ansa)

Gli occhi di Alberto Stasi (Ansa)

Garlasco, 29 lugliO 2016 - Sarà una guerra di carte bollate. Sarà la causa per il risarcimento alle parti civili sancito dalla sentenza che ha condannato Alberto Stasi a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007 a Garlasco. La sentenza ha stabilito per il 33enne anche un indennizzo di un milione di euro alla famiglia di Chiara e il risarcimento delle spese legali sostenute nei vari gradi giudizio. Inoltre deve rimborsare allo Stato le spese del giudizio. Ma Alberto Stasi, di fatto, è nullatenente. Il tribunale di Pavia ha nominato tutore e pro tutore dell’ex bocconiano, in carcere a Bollate, la zia Elisabetta Brucoli e suo marito, lo zio paterno Luigi. Prassi di legge.

Chi subisce una condanna penale superiore a cinque anni viene dichiarato legalmente incapace. Dopo la nomina dei tutori, la famiglia Poggi può avviare l’azione risarcitoria. Il punto centrale è questo: Stasi non dispone di un patrimonio per avere rinunciato all’eredità del padre. O meglio: ha accettato l’eredità paterna con la cosiddetta “riserva di inventario”. Terminato l’inventario, aveva quaranta giorni di tempo per accettare o rifiutare. Non si è pronunciato nel termine ed è quindi decaduto dal diritto all’eredità, passato alla madre. «Il tribunale - dice l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale dei Poggi - valuterà la legittimità del comportamento. Ci attendiamo che la sentenza venga rispettata e che Stasi provveda a risarcire i familiari di Chiara. Non è una questione di denaro, solo di giustizia. Quella giustizia che ha riconosciuto il loro diritto a un risarcimento». Se i giudici non la pensassero così, la parte civile potrebbe rivolgersi allo Stato.

Una direttiva della Corte europea ha fatto istituire anche in Italia un fondo a cui possono accedere i familiari di efferati omicidi commessi da nullatenenti, fino ad oggi a disposizione solo delle famiglie delle vittime di mafia o terrorismo. «Per avere diritto al risarcimento - sottolinea Tizzoni - i familiari devono avere un reddito annuo sotto gli 11mila euro. Una palese persistenza di non adeguamento alla direttiva comunitaria. Proveremo a chiedere a Stasi, come è giusto. In caso contrario, percorreremo anche la via dello Stato, che comunque rimane aperta, in attesa di auspicabili modifiche legislative». Sul fronte opposto, replica l’avvocato Fabio Giarda: «Alberto non ha assolutamente avuto un atteggiamento strumentale. Invitiamo i difensori di parte civile, se hanno intenzione di chiedere il risarcimento, a percorrere la via più consona, che è quella giudiziaria, anziché insistere su quella mediatica».