Omicidio di Pordenone, armi della Grande Guerra trovate in casa di Giosuè

Sono compatibili con il caricatore. I tre si frequentavano: il giovane nega, ma è stato smentito dal gestore di un bar di Gabriele Gabbini

Le vittime, Teresa Costanza e Trifone Ragone

Le vittime, Teresa Costanza e Trifone Ragone.

Pordenone, 20 settembre 2015 - Si stringe il cerchio attorno a Giosuè Ruotolo, 26 anni, il militare di Somma Vesuviana (Napoli) indagato per l’omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone, la sera del 17 marzo. In casa della famiglia Ruotolo, infatti, gli inquirenti avrebbero trovato delle vecchie armi simili a quella che ha ucciso Teresa Costanza e Trifone Ragone. Le pistole, tutte risalenti all’epoca della Grande Guerra, sarebbero dunque collegate a quella usata a Pordenone, anch’essa risalente ai primi ’900, poi ritrovata il 19 settembre dai sommozzatori di Genova in un laghetto a pochi passi dal luogo del delitto. Non solo. A pesare sul militare campano, che continua a professarsi innocente, ci sarebbero anche alcune discrepanze rilevate dagli inquirenti nel corso dei vari interrogatori. Prima di tutto l’alibi: il 26enne ha sempre dichiarato la sera dell’omicidio si trovava a casa da solo, sebbene dagli ambienti investigativi sia filtrato che la sua Audi A3 sia stata ripresa da alcune telecamere proprio vicino al palasport. Inoltre, mentre Ruotolo ha sempre affermato che da quando Trifone aveva conosciuto Teresa i due avevano perso i rapporti, la proprietaria di un’osteria della zona, Elena Berroa, ha invece dichiarato di averli visti «spesso insieme per l’aperitivo. C’erano Teresa e Trifone, sempre sorridenti, ma anche Giosuè, più chiuso e taciturno, insieme ad altri amici». Intanto ieri è arrivata una nuova ispezione nell’alloggio di Giosuè, da cui è stato sequestrato un computer, e martedì il militare verrà ascoltato dagli inquirenti.