Villasanta, 31 maggio 2014 - Giudici in trasferta alla Lombarda Petroli. Il Tribunale di Monza ha deciso che intende fare un sopralluogo nella sede della raffineria dismessa di Villasanta trasformata in sito di stoccaggio di idrocarburi dove nella notte del 22 febbraio 2010 vennero sversati nel Lambro almeno 2.400 tonnellate di gasolio e oli combustibili.

Saltano quindi i programmi fatti per le prossime udienze del processo che vede imputati di disastro doloso i cugini Giuseppe e Rinaldo Tagliabue, titolari della Lombarda Petroli e anche il direttore dello stabilimento Vincenzo Castagnoli, mentre di omesso controllo deve rispondere il custode Giorgio Crespi. Nella prossima udienza fissata per il 9 giugno il presidente del collegio giudicante monzese, Letizia Brambilla e i giudici a latere, Emanuela Corbetta e Pierangela Renda, non sentiranno come inizialmente prospettato il consulente tecnico ambientale della difesa degli imputati per il controesame da parte dei pm Donata Costa e Emma Gambardella e dei rappresentanti delle 18 parti civili, ma si recheranno a Villasanta in ‘visita’ alla Lombarda Petroli per vedere personalmente lo stato dei luoghi e le distanze tra i serbatoi di idrocarburi da dove è stato scatenato lo sversamento e il resto dell’impianto e dei terreni confinanti.

Al sopralluogo parteciperanno anche tutte le altre parti del processo. Il controesame del perito della difesa è stato invece rinviato all’11 giugno e c’è grande attesa perchè il consulente ha tentato di smontare la tesi dell’accusa e delle parti civili sullo scempio ambientale della marea nera che arrivo’ fino alla foce del Po nell’Adriatico, tanto che al processo sono parti civili dal Ministero dell’Ambiente, alle Regioni Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, alla Provincia di Monza, ai Comuni di Monza e Villasanta, oltre a diverse associazioni ambientaliste.

Il tecnico ha sostenuto che il fiume Lambro era già inquinato e i cormorani morti erano già malati di una grave forma di parassitosi e nei loro fegati e reni non è stata trovata traccia di idrocarburi. Il consulente si è trovato d’accordo sul fatto che lo sversamento non può che essere stato un fatto volontario, ma a discapito della tesi della pubblica accusa secondo cui a provocarlo sono stati gli imputati, ha dichiarato che gli autori hanno aperto le valvole anche di serbatoi dove il prodotto non poteva fuoriuscire senza essere riscaldato perchè in inverno non era fluido e hanno attivato le pompe anche di serbatoi vuoti. A favore degli imputati il perito ha anche aggiunto che bene hanno fatto come prima cosa a togliere la corrente elettrica perchè il pericolo più grave era lo scoppio di un incendio.