Lecco, 6 maggio 2014 - Tre anni e due mesi per omicidio colposo. Dopo due «no» consecutivi al patteggiamento chiesti dalla difesa, ci si attendeva l’apertura del dibattimento con le testimonianze del papà e della sorella della vittima e invece nella prima vera udienza al processo per la morte di Matteo La Nasa è arrivata addirittura la requisitoria del pm Mattia Mascaro e la richiesta di pena nei confronti dell’imputato, Davide Vassena, il giovane lecchese che la sera del 18 luglio 2010 perse il controllo della sua auto mentre scendeva dal piazzale della funivia di Versasio, uscì di strada con la sua auto sul tornante che sovrasta il bar-ristorante Caminetto e dopo una decina di metri di volo, travolse Matteo La Nasa, di Burago, che lì si trovava con la fidanzata e la madre di lei. Matteo rimase in coma vegetativo per un anno e mezzo su una sedia a rotelle. Poi il 21 novembre 2011 morì nell’ospedale di Lecco. Aveva vent’anni. Da allora mamma Croce ha cercato di metabolizzare la tragedia buttandosi anima e corpo nella lotta alle stragi sulle strade, combattendo soprattutto con la prevenzione tra i giovani fatta a suon di convegni e incontri mirati nelle scuole.

Un impegno che comunque non le ha evitato gravi problemi di salute tanto che ieri mattina in tribunale mamma Croce ci è arrivata sorreggendosi su una stampella. «Dovrò pure essere operata ma è niente quando ti portano via un figlio in questo modo», ha detto ancor prima di entrare in aula insieme a papà, alla sorella ma anche alla fidanzata Dorella e i tanti parenti che non volevano perdersi l’inizio del dibattimento. Che in realtà non c’è mai stato perché il difensore dell’imputato - l’avvocato Stefano Pelizzari che già aveva avanzato la richiesta (negata per due volte) di patteggiamento - ha ribadito di non avere alcun interesse ad andare al dibattimento e quindi chiesto l’acquisizione dei suoi atti.

Lo stesso ha fatto il pm Mattia Mascaro che ha sostituito nel processo il collega Giuseppe Pellegrino e così il giudice Salvatore Catalano ha dichiarato chiusa la fase dibattimentale dando la parola all’accusa per la requisitoria. Alla difesa toccherà il 22 settembre prossimo, giorno in cui è attesa anche la sentenza.

Croce Castiglia, mamma coraggio, presidente dell’associazione intitolata al figlio in lotta per l’introduzione del reato di omicidio stradale, è distrutta: «Dire che sono sconvolta è dire poco. Quella persona potrebbe farsi un mese di galera e qualche mese ai servizi sociali, magari portando a spasso i cani di qualche politico», scrive su Facebook. «Quindi devo dedurre che la vita di mio figlio vale 3 mesi di ritiro patente, forse un mese di galera e un paio di mesi ai servizi sociali. Bella giustizia che abbiamo, anzi bella ingiustizia. Mio figlio, la luce dei nostri occhi, la nostra vita, la nostra gioia, morto in una cassa. Mentre a Maggianico di Lecco continua la sua inutile vita l’assassino di Matteo». Poi un proclama ironico, paradossale: «Viva l’ingiustizia italiana, viva lo schifo di politici che ci ritroviamo, viva l’Italia. Io comunque non mollo». C’è ancora la partita di settembre.

Ma Croce Castiglia è pessimista: «Non hanno voluto ascoltare gli oltre 40 testimoni che avevamo indicato. Hanno deciso tutto in 4 minuti e senza sentire un testimone. Il 22 settembre si chiude tutto. Ma io, ribadisco, non mi voglio arrendere».

di Andrea Morleo e Marco Dozio